VENEZIA, 31 AGOSTO – L’universo apocalittico di Don De Lillo adattato dallo stile rarefatto del regista newyorkese Noah Baumbach – “White Noise” ha aperto la 79’Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che quest’anno festeggia i 90 anni di attività.
Non è stato un film all’altezza dell’occasione, anche se parte del il pubblico ha applaudito con convinzione, né è stato all’altezza della stessa opera di Baumbach, che aveva già inaugurato Venezia nel 2019 con “Marriage Story” che in seguito gli era valso ben cinque Nomination agli Oscar, tra cui miglior film e miglior sceneggiatura.
“White Noise”, titolo misterioso mai chiarito nel film, racconta la storia di un professore universitario al suo quarto matrimonio con una giovane signora, che vede sconvolta la sua placida vita familiare per fatti diversi, tra cui una nuvola tossica che provoca morti e vacuazioni di massa.
Adam Driver, alla sua quinta collaborazione con Baumbach e nel suo secondo ruolo da protagonista diretto da lui , interpreta flemmaticamente il ruolo dell’insegnante.
Per il regista, il libro di De Lillo, di cui si era innamorato negli anni ottanta, quando ancora era uno studente universitario, rifletteva non solo lo spirito dell’era Reagan, ma devo di il suo punto di vista anche l’atmosfera dei giorni,l nostri. Epoca in cui si vivono permanentemente crisi le cui risoluzioni vengono ignorate.
Ma mentre nei suoi primi lavori, lo spettatore poteva deliziarsi con il
dialoghi frizzanti che gli erano valsi il soprannome di miglior imitatore di Woody Allen, con “White Noise” lo spettatore deve accontentarsi di partecipare a una serie di eventi folli in cui i protagonisti si salvano a malapena.
Del film è necessario sottolineare, invece, l’acuto esame dei rapporti coniugali che è una costante e un marchio di fabbrica del regista.
Antonio M. Castaldo