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Il NUOVO SPETTACOLO DEL REGISTA SEPE PER IL MEZZO SECOLO DEL TEATRO “LA COMUNITA”. L’ESISTENZA TORMENTATA E LE TEORIE DEL CRITICO CINEMATOGRAFICO BAZIN CON P. TUFILLARO

Data:

Fino a domenica 23 ottobre 2023 al Teatro Comunità di Roma

Nel secolo appena trascorso si sono imposte le varie Arti delle Muse ed in particolare quella cinematografica prima con i cortometraggi e poi con le pellicole più lunghe che non erano altro che un montaggio di fotografie, nato con i fratelli Lumiere; tutto ciò ha portato pure alla nascita delle correnti di genere, dal giallo al poliziesco, dal romantico al fantascientifico, all’horror ed ai “film d’autore”, con la specializzazione nella critica dei prodotti del megaschermo. Ad ognuno di questi ha dedicato il suo ultimo lavoro il valente e geniale regista Giancarlo Sepe per onorare il cinquantesimo anniversario della fondazione del teatro da lui creato in una vecchia cantina in disuso in un sottoscala di proprietà pubblica a Trastevere e che ora è divenuto un ottimale ambiente privato con tanto di tessera necessaria per accedervi. Si tratta di André Bazin nato nel 1918 e che scrisse i “quaderni del cinema” alla guisa di quelli delle lamentele popolari che, rivolte all’attenzione del sovrano Luigi XVI, furono alla base della Rivoluzione Francese, plasmando i suoi discepoli artistici e foggiando la “ nouvelle vague” dei critici con le sue ponderate concezioni intellettuali, che su un cartello esposto in scena vengono definite “Le regole del gioco”. Egli partiva dall’impegno della logica con le sue teorie ed, immaginando d’essere all’ultimo giorno della sua esistenza per intermittenti arresti cardiaci, cui s’aggiungono problemi respiratori con sputi di sangue, Sepe ripercorre l’ idee illustrate nel passato con “flash back” continui nel suo dimenarsi sulla scena con un energico ed esuberante, dinamico, Pino Tufillaro, che viene rimproverato dalla moglie Janine, produttrice cinematografica,  interpretata da Margherita Di Rauso , d’avere 4 figli adottivi ed una sola figlia legittima con una vita irregolare che l’aveva rovinato. Egli si batteva per protrarre nella mente e nella sensibile emotività dei lettori e spettatori il messaggio e le sensazioni trasmesse dall’opera d’arte. Le dure e categoriche perorazioni che egli sosteneva venivano interrotte da siparietti dei personaggi delle pellicole da lui apprezzate e che lui temeva, sentendo vicina la fine, di scordare, estrapolati da Truffaut, Renoir, Clair e Carnet. Detestava il montaggio dei frammenti girati e preferiva il piano sequenza, contrapponendo le sue teorie a quelle dei colleghi mentre infuriava la seconda guerra mondiale espressa dal soldato nazista impersonato da Giuseppe Arezzi e Janine tradiva il marito con il pilota Andrè reso da Marco Celli, che ad un certo punto per gelosia vorrebbe sopprimere l’amante strangolandola. In campo religioso e politico era ambiguo ed incomprensibile ideologicamente tentando di conciliare cattolicesimo e comunismo, come nel lavoro cinematografico cercava di coniugare didattica e fantasia, i principi di Melles e Lumiere. A rendere vivace, allegro e musicale, lo spettacolo della durata di 60 minuti i personaggi di secondo piano Batala, Christine, Lisette, Severine e Robert, ballano e cantano come nell’avanspettacolo o varietà. Dunque il lavoro non ha un filo unitario ,una narrazione razionale ed il fine principale è quello di suscitare il vero culto del cinema con la giusta disciplina della sua arte . Pare d’assistere al lascito testamentario delle sue prerogative e normative artistiche, che lo fanno scontrare con la maggior parte degli operatori culturali addetti al suo mondo di celluloide e sembrare un genio incompreso ed un intellettuale emarginato, diffidato e respinto dalla società borghese, che lo terrà sempre in scacco e condizione d’inferiorità relativamente al mondo del set e ciak  con l’origine degli studi cinematografici ad Hollywood, Cinecittà e Bombay. Quando Bazin morì nel 1958 la sua perdita fu avvertita come la scomparsa del principale teorico del Cinema, che era approdato dal muto e dal bianco e nero al colore e sonoro, rammentando, però, sempre la matrice sofisticata di macchiette silenziose ed ammiccanti quali Chaplin e Ridolini. Queste sublimi e nobili figure ce le rammentano i comprimari attori in scena : D. Gallarello, C. Gambino, F. Patucchi , F. Stefanelli e G. Targetti. Adesso la Compagnia andrà a Firenze  e poi  comincerà la sua “tournèe”, meditando la vulcanica mente del “patron” Sepe un altro testo realista e di denuncia sociale.

Giancarlo Lungarini   

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