Dal 14 ottobre al 13 novembre 2022 al Teatro delle Muse
Lo scorso anno il fecondo e geniale intelletto creativo del giovane autore Geppy Di Stasio c’aveva proposto l’analisi sociale d’un’agenzia di pompe funebri che, per risolvere il problema della crisi economica che attraversava, si rigenerava surrealmente con un pizzico di fantasia goliardica, ispirandosi al principio cristiano che dopo morti, se nella vita terrena s’è avuta Fede e ci s’è comportati con pietà cristiana e Carità per il prossimo, si godrà la vita eterna con il Signore in un luogo di Beatitudine con il celeste banchetto, già anticipato sulla terra dagli Ortodossi dopo ogni funerale, cui alludono sia Dante nella Cantica del Paradiso che la divina pittura di Michelangelo con il Giudizio Universale nella Cappella Sistina. Nella presente stagione, forse riflettendo sul biennio in cui gli ospedali pubblici, i nosocomi privati e le RSA sono stati pieni per il Covid 19, la sua ironica e sarcastica fotografia d’uno spaccato sociale quotidiano s’è appuntata su una stanza a due letti d’un policlinico in cui sono ricoverati Bruno e Giovanni da diverso tempo senza dare segni di guarigione in quanto si trovano, nonostante tutto bene, al suo interno. Bruno accusa dei problemi motori ad una gamba per cui sta sovente sul letto lamentandosi, mentre il secondo avverte dei fastidiosi dolori derivanti dall’artrite reumatoide che gli disturbano il sonno notturno. Bruno è interpretato in maniera briosa, vivace , satirica ed ambiguamente ipocrita dallo stesso autore, viceversa il più anziano Giovanni è sostenuto dalla flemmatica e sobria ironia del direttore artistico del teatro, enclave partenopea centrale per la folta schiera di napoletani viventi nella capitale, Rino Santoro. Entrambi sono assistiti da quell’intrigante e sorniona infermiera “tuttofare” Carmela che, incarnata da quell’attrice stupendamente brillante e sorniona dalla battuta pronta che è Wanda Pirol, poco a poco ha cominciato a capire il loro gioco, cosicché li rimprovera per l’inerte condotta e tenta di stimolarli a responsabilizzarsi. Ella, come diverso personale ausiliario dei reparti sanitari, non solo deve dar loro le medicine, ma provvede anche a servirgli il caffè a 50 centesimi a tazzina con lauti guadagni e far loro le punture in cui s’è specializzata con tutti i pazienti, al punto da sentirsi in grado di riconoscere dai fondoschiena dei pazienti i loro cognomi e volti identificativi. Bruno non ha potuto fare la TAC perché una macchia sulla macchina radiologica impediva di leggerla chiaramente, mentre il primario, con un’applicazione approssimativa alle sue funzioni, prescrive un’ecografia a Giovanni per comprendere da che dipenda la sua artrite reumatoide. Intanto i due mantengono i rapporti familiari con le rispettive consorti, ma in modo antitetico : Bruno arde dal desiderio di vedere in continuazione Loredana, in cui apprezziamo la recitazione della bella e brava Roberta Sanzò, anche compagna di vita del “gigione “ Geppy e formatasi artisticamente alla sala culturale “La Stelletta” di via della Maddalena,che gli porta succulenti pranzi, mentre all’opposto Giovanni avverte troppo sul collo le premure di Lucia, il cui ruolo è impersonato con trepida ansia da Marisa Carluccio, per cui vorrebbe essere lasciato in pace, stanco delle sue asfissianti attenzioni. Improvvisamente, oltre alle ripicche di Giovanni che vorrebbe pure lui la TAC, veniamo a sapere che l’altra infermiera Teresa è incinta d’una coppia di gemelli e Bruno, che si considera un vero torello, si ritiene il padre naturale dei due feti, contrastato in ciò dal medico che se la spassava anche lui con il personale paramedico. Bruno tutto “gasato” in buona fede dalla notizia si comporta “ex abrupto” con la moglie trattandola male e cacciandola dal nosocomio, invece Giovanni inizia a desiderarla riscoprendo la bella forza della sensualità amorosa. Una comunicazione “ex machina” euripidea raggela gli entusiasmi, comunque serve a dimostrare che i suoi sospetti d’impostura sui due ricoverati erano fondati e bene aveva fatto lei a trattarli con l’effetto “placebo”, ovvero facendogli credere che gli praticava l’iniezioni e gli dava le medicine mentre non era vero niente. Stanno bene in salute, non c’è bisogno del primario reso da Carlo Badolato, serve invece che crescano psicologicamente, non siano degli inetti o “mezzi uomini” che hanno paura della vita che c’è all’esterno e qui cercano solo un rifugio sicuro, una protezione ed alimentazione garantita, salvo quella più raffinata dovuta alle premure delle legittime compagne esistenziali. Perciò li rincuora e l’esorta a rivestirsi, con i panni che avevano quando si sono fatti passare per malati, uscendo dall’ospedale ed affrontando la società con una reazione vitale e voglia d’imporsi caratterialmente una normale vita d’impegno civile, lasciando la scia del modello Zeno Cosini del psichiatrico romanziere Italo Svevo che, dopo la deflagrazione della Grande Guerra, crede che ci sia bisogno di rigenerarsi totalmente con una salutare palingenesi. Lo spettacolo sarà replicato dal giovedì alla domenica, con la pomeridiana delle 18, fino al 13 novembre ed è didascalicamente brioso e smaliziato, nella misura dell’insegnamento goldoniano “castigat ridendo mores”.
Giancarlo Lungarini