La realtà è quella lì ma la devi fermare in quel momento.
Unico istante come punta di diamante di ciò che è in qualche modo sempre diverso perché ogni secondo che passa è diverso da quello precedente e ogni respiro del fotografo è un respiro in più, una concessione in più della vita e alla vita.
Nature morte che diventano vive per sempre.
Primi piani di volti scolpiti nel tempo.
Paesaggi da ricordare quando la memoria gioca ogni tanto o forever a nascondino con la vita.
Game over never!
La luce e le ombre fungono da aiuto regista del graffio visivo dell’artista che una volta sistematicamente teneva chiuso un occhio per centrare l’ obiettivo e immortalarlo.
Immagazzinare gli sguardi sul mondo non è come un pazzerello girotondo, è cosa seria, disciplina e materia sensibile di cuore sensibile nostalgico già di ciò che ancora deve vedere e rincuorato giusto un pó dal poterselo portare con sé a scatto avvenuto.
Come un gabbiano svenuto, che si addormenta restando in cielo, il fotografo se ne torna con nel carniere l’ avventura ibernata delle sue visioni.
Se gli occhi fossero macchine fotografiche a memoria espandibile, forse, del graffio dell’artista con l’obiettivo bisogno non ve ne sarebbe.
Così, però, così non è.
Ci mancherebbe!
Autoscatto dell’uomo che osserva per vedere.
Come un alfiere orgoglioso dell’ esistenza osservata.
Ogni foto è puro moto.
Moto interiore, è visivo il graffio dell’alfiere
ROViRO’