Il 24 Novembre – 27 Novembre al Teatro Lo Spazio di Roma
Spesso durante la nostra vita dobbiamo fermarci per prendere coscienza di noi stessi, vedere che cosa abbiamo costruito concretamente dei nostri piani e progetti coltivati da ragazzi e se la bilancia pende dalla parte del successo o della perdita dei valori del senso morale e civile, se non abbiamo un lavoro che c’appaghi e gratifichi ed insomma se ci siamo smarriti nel caos e nella confusione del vissuto mediocre quotidiano per cui non riusciamo più a scorgere una rosea prospettiva futura per noi. Questo è l’insegnamento del nostro somma padre letterario Dante con il suo capolavoro immaginario “La Commedia”, definita divina da Boccaccio, con l’aforisma “La diritta via era smarrita” ed allora abbiamo due possibilità : continuare ad ingannare noi stessi consolandoci con pie illusioni od evadendo virtualmente dalla realtà ricorrendo ai “paradisi artificiali” delle sostanze proibite, degli stupefacenti, dell’alcolismo, della ludopatia e del tabagismo, furiosamente distruggendoci, magari senza rendercene conto all’inizio, partendo dagli psicotropici più leggeri quali cannabis e cocaina per giungere poi a quelli totalmente distruttivi, che per un eccesso di dose od uso prolungato t’uccidono. Da principio sono consentiti per impiego positivo poiché evitano di soffrire in preda al dolore nelle patologie più gravi, specialmente quelle tumorali, ma poi subentra la totale devastazione di se stessi ; d’altronde l’Erario sta pensando d’elevare la tassa sul suo uso per fare cassa, pure però per dissuadere dal farvi ricorso con estrema leggerezza. Ciò ha portato in questi giorni a Roma alla tragedia di Prati dove Giandavide De Pau ha ammazzato tre “escort” straniere, dopo essere entrato nel giro della droga come autista del boss Michele Senese, ed all’altro schizofrenico episodio di Selva Candida dove un individuo ha perso il controllo dei propri freni inibitori per un litigio e distrutto la casa dell’amico dopo un violento alterco. Bene hanno fatto eticamente la madre e la sorella a denunciare il congiunto per evitargli più fatali conseguenze in nome della “Legge del sangue”, tuttavia avrebbero potuto pensarci prima sapendo come agiva il loro caro. Ora pare che abbia voglia di fuggire e l’amica con cui s’è confidato logicamente ha paura per sé, ma sicuramente sarà controllato a vista e non potrebbe essere diversamente per non suscitare clamore e scandalo: non ci possiamo permettere “serial Killer” in giro ha detto giustamente il prefetto Frattasi. Un copione ideale su codesta rilevante problematica l’ha scritto Andrea De Rosa dal titolo “coffeeshop” immaginando una libera conversazione a tutto campo sul soggetto trattato tra un maturo avvocato ed una prostituta in uno di quei locali dell’Olanda dove, contrariamente al lemma impiegato, si può consumare droga lecita penalmente in quel Paese e ricorrere a facili incontri, quali si possono avere anche nei club a Berlino o pub londinesi, se non ci si vuole accontentare di quelle ammirabili in vetrina lungo i canali dell’Amster nella Venezia del Nord. I due personaggi assai loquaci parlano “a cuore aperto” tra di loro e denunciano l’uno d’essersela un tempo spassata e goduta con le donne, ma adesso è succube della moglie Lorena, è ridotto ad un “manichino” che non ha più una personale libertà e capacità decisionale, mentre la giovane nel suo “Coming out” svela che da piccola ha subito abusi dal padre e scarse attenzioni dalla madre, per cui accusa una profonda depressione ed avvilente frustrazione. I due s’identificano con due carte del mazzo francese con cui si gioca a “Scala 40” : lui è il 7 di picche e lei il 4 di cuori, che suggerisce di provare ad evadere da questa duplice mortificante situazione assumendo dei funghetti allucinogeni, dato che lui ha dimenticato a casa la famosa scatolina blu del “Viagra” e non ha più la forte funzione erettile d’un tempo. I nemici interiori per un certo periodo di tempo con l’euforia artificiale se ne vanno ed in ciò l’aiuta anche una terza carta vincente che si materializza sotto le vesti d’un jolly che con il suo candido volto confessa d’essere quello che tutti vorrebbero fortunatamente incontrare giocando o nella pratica giornaliera, il fantasma che fa guadagnare tempo e vincere usandolo intelligentemente, aprendo gli orizzonti della propria mente ed inculcando lo spirito di ribellione a quanto si sta sperimentando. Il patrono, come si chiamava per il “cliens” presso i Romani, telefona alla consorte con la carica momentanea che si ritrova e le manifesta tutto il suo astio e rancore, comunicandole che non ne vuole più sapere, mentre pure lei dopata supplica di non lasciarlo; al contrario la ragazza deve confessare, mettendo da parte la sua pavidità ed il voler nascondere la realtà per un compromesso con se stessa, che il genitore maschile o primo, secondo la nuova delibera della Corte Costituzionale, non l’ha mai conosciuto e che la mamma l’ha del tutto trascurata, per cui risente di turbe da carenza affettiva. Comunque , come in un gioco di specchi, ce n’è anche per il presunto guaritore o “psicotropo”, medico della psiche e fine dicitore, incarnato goliardicamente e con sarcastiche tirate, frizzanti atteggiamenti, da Luis Molteni, che patisce di rimbalzo quell’esasperata irritazione personale fobico terrore dissuasivo che ha voluto far “assaporare” alle altre due parti in causa ; il “Ludus” infatti si fa duro ed egli è costretto a togliersi la maschera bianca che s’era messo, come succede annualmente nel Carnevale , in particolare a Venezia, quando “licet semel in anno insanire”. Lui in realtà non è altro che un pagliaccio che ha fallito nel suo ruolo nel circo ed il Direttore l’ha cacciato, per cui riversa la sua lezione sugli altri per salvarli da un uguale naufragio, ma ora è lui ad avere bisogna di loro che lo mettono di fronte alle sue responsabilità e lo spingono a riprovarci rivestendo i suoi panni, ridipingendosi la faccia e forza “Ridi pagliaccio” come intonava un’altra celebre canzone. Al telefono il Direttore gli darà generosamente una seconda opportunità, che non si nega a nessuno, confidando che al negativo subentri il positivo, tantoché “fino a che c’è vita c’è speranza!”. Bravissimi nei loro ritratti del legale e della giovane dai facili costumi Andrea De Rosa e Flavia Martino, con la regia del divertimento psicologico dello stesso autore , che s’ è avvalso per la scenografia ambientale del progetto di Paolo Rosa. Peccato che in generale gli spettacoli al teatro “Lo Spazio” abbiano la durata della sola seconda parte della settimana per la ricchezza del cartellone ed infatti dal 24 al 27 vi sarà “Grassa e Viva” di M. Angeli da “Creditori” di A. Strindberg, per un ennesimo lavoro interessante con deriva da grande firma letteraria.
Giancarlo Lungarini