Nebbia è nato nel mezzo della Pianura Padana. Nel mezzo degli anni 80. Gli è quindi sembrato normale avere questo nome e ispirarsi ai capannoni illuminati al neon. Dopo aver passato una vita a suonare come Johnny Cash, continua a portare le camicie country ma ha scambiato le chitarre con i sintetizzatori. Di notte sogna Manchester e i Joy Division, di mattina quando si sveglia vorrebbe essere king della balera.
Il suo primo disco è uscito a inizio dicembre e s’intitola “Altrove”. Noi lo abbiamo intervistato per voi, ed ecco cosa ci ha raccontato.
A cosa fa riferimento questo “Altrove”, a cui hai dedicato il titolo del disco?
“Altrove” è la scoperta di un mondo al di fuori di sé, fatto di posti, persone e sentimenti mai provati prima. È un aprirsi all’altro e agli altri in una maniera nuova e sorprendente
L’ambientazione di “Altrove” ci risuona come se fossimo in Blade Runner, con un’ambientazione un po’ più padana. È davvero così?
Sì, in un certo senso sì. Sicuramente c’è un po’ di immaginario anni 80 dentro la musica e dentro l’estetica. Ma ho i piedi sempre piantati in questa pianura, quindi ci aggiungo l’estetica del capannone e della balera
Come mai hai scelto “Texas Ravioli” come primo singolo?
Mi è sembrato un bel modo per raccontare il disco e la mia musica: un pezzo allegro con un testo un po’ triste, di una persona che non si sente completamente a suo agio nel suo contesto.
Un tempo un disco era un punto di arrivo in un percorso musicale, oggi sembra più un punto d’inizio. Come te la stai vivendo tu?
Mah non saprei, i dischi sono punti fermi intorno a cui ruoti. C’è bisogno ogni tanto di farne uno per consolidare e mettere un accento su un certo momento, una certa sensibilità ed emozione. Non li vedo né come punti di partenza né di arrivo.
Ti sentiremo presto anche dal vivo?
Sicuramente, a febbraio ci sarà la prima data milanese.
Morgana Grancia