Al Teatro franco Parenti-PierLombardo di Milano, fino al 5 febbraio 2023
“L’incendio di via Keplero”di Carlo Emilio Gadda fu pubblicato la prima volta su una rivista milanese nel 1940; raccolto nel 1953 nelle Novelle del ducato in fiamme e infine raggruppato, con altri diciannove racconti, in Accoppiamenti giudiziosi nel 1963. Racconti questi ritenuti da Contini, con L’Adalgisa e il Pasticciaccio brutto di via Merulana, nel «canone delle letture indispensabili per un italiano aggiornato all’arte del suo tempo». Nell’Incendio di via Keplero lo scrittore, narrando dell’accaduto, si presenta in una scrittura che assume le forme di cronaca giornalistica ma per trasformarla in romanzata letteratura. Un pretesto l’avvenimento, che serve a una descrizione lucida e disincantata della reale consistenza dei personaggi che popolano la vicenda: lo fa descrivendo con tratti melodrammatici le reazioni e le teatrali angosce, lasciando ben trasparire tutto il ridicolo in cui incorrono per le esagerate paure. Uno “spaccato” di umanità molto milanese, fotografato in tutta la prosaicità del quotidiano e narrato con distacco e sulfurea ironia a ricordarci cosa fosse la vita del capoluogo lombardo alle soglie del fascismo. Via Keplero è una popolare via di Milano, e deve il suo nome all’astronomo e astrologo tedesco, che scoprì empiricamente le omonime leggi che regolano il movimento dei corpi celesti. Gadda sovrappone, con sagace parallelismo, il vertiginoso e turbinante fuggi fuggi degli inquilini del caseggiato al moto degli astri descritti dallo scienziato, intrecciando e confondendo le loro traiettorie nello sforzo di mettersi in salvo. Lo scrittore milanese trasse spunto per questo romanzo da un evento incendiario sviluppatosi in via Boltraffio a Milano, nel giugno del 1929, che causò quattro morti. Il fulcro del racconto è il palazzo; il dramma causato dall’incendio ci permette di entrare a spiare, toccando con mano, quello che è l’intima natura, spogliata (bruciata) dal fatale evento così da far venir a galla le minute storie e tensioni che vi covavano. Spogliandole del perbenismo dietro cui si celavano, lo scrittore, osservatore critico della società borghese, sposta l’accento sulle misere e ridicole inconsistenze delle figure che popolano il caseggiato, esemplare spaccato dell’umanità nella sua vuota e inconsistente supponenza. Gadda creatore di linguaggi, in un’alternanza squisitissima di toni alti e volgari e di saporose forme dialettali castamente italianate, rende viva un’umanità vociante e guatante (piangente) l’evento incendiario, pluralistico coro di voci popolari reso in sanguigna descrizione. Non si scandalizza allora di rappresentare i personaggi anche nella loro valenza “squisitamente “ fisica e biologica, oltre che morale. Concentra all’inizio del racconto le informazioni generali, elaborandole nel prosieguo, a sfidare con la scrittura (che per sua natura è in lineare successione), il narrare fatti che in realtà avvengono contemporaneamente. L’ossessiva capacità descrittiva della realtà – un modo per lui sicuro di scongiurare il disordine e i lacci in cui la vita avviluppa l’individuo – caratterizza anche questo lavoro, che fa sembrare il Manzoni delle pagine più flamboyant dei Promessi Sposi, un principiante. In filigrana di questa scrittura gaddiana impossibile non percepire la gustosa parodia che lo scrittore milanese fa delle idee e teorie futuristiche che con le loro “parole-in-libertà” tendevano (ed esaltavano) l’effetto simultaneo dell’impressione-espressione. Evocate ed esorcizzate in questo spettacolo con l’impiego delle percussioni che suggeriscono acusticamente l’oggetto o l’azione significata dalla parola. “L’incendio di via Keplero” in scena da ieri al Teatro Franco Parenti, è una ripresa del fortunato spettacolo del 1996, in cui Anna Nogara torna a rivestirsi, vivendolo intensamente, dell’immaginifico lessico gaddiano denso di plurilinguismi, satira ed espressionismo. L’attrice, accompagnata alle percussioni dall’encomiabile Marco Scazzetta, adombrata dal suggerito elemento scenico di Elisa Montessori, è capace di una forza espressiva e di un ritmo trascinanti. La Nogara è una straordinaria fabulatrice transitata per ottantasette primavere che, condita con suprema ironia e gustosa aderenza ci rende la scrittura gaddiana come fuoco recitativo, rossa di simbolica fiamma anche nelle vesti tutte, su su fin nei capelli e copricapo. Un artigianato attorale d’alto livello: dizione impeccabile, ricchissima tavolozza di colori di voce, fascinosa chanteuse. Aiutata dall’espressività del viso e recitando con tutto il corpo rende vorticoso il testo – godibilissima letteratura comico-realistica – avvolgendo lo spettatore in una spirale di colorita quanto ossessiva descrizione. Successo calorosissimo per Anna Nogara, cui associava il percussionista.
gF. Previtali Rosti