La metodologia da seguire nel guardare artisticamente ed epistemologicamente al futuro è innovare nel solco della tradizione in quanto dal passato c’è sempre da imparare la competenza, l’esperienza ed il segreto della brillantezza tecnica di base e questa dunque è la giusta linea ispiratrice che ha guidato il lavoro d’uno dei migliori scultori del momento: Francesco Vezzoli. La sua ultima produzione è oggetto dell’esposizione “Vita Dulcis” al Palaexpo di via Nazionale, realizzata insieme a Stephane Verger direttore del Museo Nazionale Romano, che ha come finalità di trasmettere l’estetica seducente della gloriosa capitale dell’Impero nel rapporto tra reperti in marmo e bronzo dell’Urbe, arte contemporanea e cinema, con straordinari capolavori conclamati del megaschermo opera di celebri registi. Infatti a quello notissimo dell’indimenticabile Federico Fellini, di cui è stato da poco festeggiato il centenario della nascita con il restauro del suo cinema a Rimini ed una prestigiosa mostra, intitolato “La dolce vita” si ricollega il titolo di codesta mostra che , articolata organicamente in sei sale e nella stupenda rotonda centrale in cui l’ironico distacco satirico di Vezzoli fa la molteplice parodia su cartone della diva Venere , in parte discinta totalmente ed in altre raffigurazioni disegnata con un velo sul pube, con gli occhi spiritosi e seducenti della madre imbellettati con un tocco di colore nero. Si parte da resti conservati nelle sedi del Museo Nazionale Romano poco conosciuti o del tutto inediti con la documentazione a supporto di quegli importanti film di cui abbiamo parlato e ciascuno dei quali illustra specificamente una delle sezioni organizzate e disposte parallelamente tre per lato. Di fronte a questi aspetti dell’antologica storica imperiale risaltano a metro di paragone e valutazione le creazioni scultoree di Vezzoli, che incorporano elementi dell’arte antica, come nell’ultima sala, o la rielaborano attualizzandola. L’intento della Mostra, che continua il desiderio di coltivare da parte dell’istituzione capitolina la ricerca della contemporaneità nell’Arte, è rinverdire l’intramontabile vitalità della classicità con la paura ed il desiderio nell’Impero Romano, che è il sottotitolo denotativo della Mostra che durerà fino al 27 agosto, in un’estate che la meteorologia a lungo termine prevede assai rovente. Ciò vuol dire che la Filologia storica e le sensazioni emotive, osservando la perfezione architettonica delle misure effigiate nei marmi, rimangono inalterate e destano meraviglia stupefatta davanti a tanta bellezza. Fin dall’inizio della sua attività artistica Vezzoli investiga le modalità della comunicazione e del potere attraverso questioni scottanti come la politica, il sesso, la religione e la gloria. Poi per i suoi video, l’istallazioni e le sculture s’è servito del cinema prima e quindi del mondo delle “star” di Hollywood , quali: N. Portman, Lady Gaga, Sharon Stone, Cate Blanchett ed Anita Ekberg; infine nel terzo capitolo della sua produzione artistica s’è rifatto all’Arte dell’antichità classica. Il segnale iniziale in questo senso venne dal video per il rifacimento del Caligola di Gore Vidal , legato al “Caligola” di Tinto Brass del 1979 e presentato a Venezia nella Biennale del 2005, per poi proseguire raffinandosi ed elevandosi sublimemente fino ad oggi, il che ha condotto all’ideazione della Mostra in oggetto per apprezzare e valorizzare tutto il suo “iter” artistico. Tra i principali capolavori in esposizione rammentiamo un suo ritratto in marmo di Carrara di fronte ad un Antinoo, il favorito cortigiano dell’imperatore Adriano con l’omonima opera di M. Yourcenar, una testa dechirichiana in bronzo su corpi di marmo, alcuni dei quali in lucido bianco sono stati stuccati con colori vivaci per restituirli al tratto originale sensuale e carnale. Pertanto abbiamo una “full immersion” a 360 gradi nel lavoro di Francesco Vezzoli riscoprendone, dagli aspetti portanti, la successiva struttura complessa e sfaccettata. In effetti come sostiene Ernst Bloch in “Badal”, contenuto in “Tracce”, è bene riflettere ancora sulla sua scultura artistica in quanto un lavoro spesso, nemmeno s’è raccontato bene esplica tutto di sé, mantenendo sempre qualcosa internamente che soltanto cartesianamente può essere compreso. Un plauso va dunque a Marco Delogu che ha proposto all’Azienda speciale Palaexpo l’iniziativa in nome dell’Arte riportata in auge dopo il blocco di due anni dei Musei e delle Gallerie d’Arte per la pandemia del Covid 19 ormai sconfitta e debellata, anche se ancora molti indossano la mascherina, puerilmente diventata una preconcetta precauzione inutile. Volendo esaminare più da vicino la Mostra, possiamo affermare qualcosa sulle singole 6 sezioni in cui con vivo e profondo interesse di studiosi e docenti del ramo filologico e storico – artistico in maniera attenta e scrupolosa ci siamo a lungo soffermati : la prima ha come didascalia di riferimento “Para Bellum” in cui si palesa la disciplina e l’ordine di schieramento, il valore indomito e le legioni, con cui i Romani s’accingevano alle battaglie e vi sono marmi con busti isolati a semicerchio con le loro teste od allineati come nel conflitto dove gli opliti avanzavano a testuggine; la seconda è invece riservata alla spiritualità dei Quiriti con l’indicazione di “Animula vagula, blandula” con splendenti corpi nudi mancanti delle ermie od incantevoli alla maniera dell’”Afrodite callipigia” o della “Venere” meravigliosamente distesa sul suoi corpo scoperto e con le braccia incrociate sotto la testa. Nella terza con la dicitura sull’ingresso “Dux Femina Facti” vi sono mirabolanti il torso di Kore, la statua di Venere, la testa monumentale di Diana, il busto di Venere pudica e due volti imponenti di Cleopatra che ebbe nelle sue mani ed arte amatoria il fatale destino di Roma circuendo G. Cesare, da cui ebbe Cesarione , nonché Antonio per cui si uccise dopo la battaglia di Azio nel 31a.C.Non manca una circolare testa di Medusa ed una scultura di donna grossa di Vezzoli, che ci fa pensare a quelle mastodontiche di Botero od alle statuette fittili in argilla di femmine incinte a Creta devote alla dea “Madre” Potnia. Il lungo salone centrale , divisorio tra una parete e l’altra del pianoterra del Palazzo, è denominato “Certa omnibus” con numerose, 47 per la precisione, steli funerarie che rammentano che i Romani, come i cattolici, credevano che l’anima sopravvivesse dopo la morte al disfacimento del corpo nell’Ade ed ecco la mitologia dell’”Orfeo” di Poliziano, che va da Pluto e Proserpina a rivendicare la sua Euridice, musicata poi da Gluk. Erano i Manes che ricorrono nell’epigrafi funerarie romane e significano “ i buoni, gli illustri” che si congiungevano con gli dei infernali nelle “devotiones” . Il rispetto e la solennità della sala è aumentata dalla proiezione di “Cabiria” del 1914 con la sceneggiatura dell’”Immaginifico o sommo vate” G. D’Annunzio con il sacrificio umano al dio Moloch nella pellicola silenziosa diretta da Giovanni Pastrone. Non difettano una fanciulla coinvolta nella seconda guerra punica e didascalie letterarie del poeta pescarese, che poi avrebbe escogitato la “Beffa di Buccari” nelle gole del Cattaro e la Repubblica di Fiume. Il film , girato a Torino , in Sicilia ed a Tunisi, dove è nata la famosa Claudia Cardinale,è ancora un “kolossal” di sublime melodrammaticità per un impero caduto e possibile simbolo della rinascita dopo la Grande Guerra. Nella quarta sezione troviamo “Ridentem Dicere Verum” con i ritratti di coloro che misero in ansia il mondo antico parlando sinceramente :Traiano, Livia moglie di Cesare, che tentò invano di fermarlo prima di salire alla Curia alle Idi di marzo del 44 a. C., Euripide,Platone,Ermafrodito dormiente, ritratto di un Prete con foglie in plastica ed oro metallizzato, di signora toccata da Sileno il vecchio satiro dei boschi e sullo sfondo la programmazione del “Satyricon” di Fellini, liberamente ricavato dal lauto banchetto del “parvenu” Trimalcione per Ascilto e Giltone, la società aristocratica romana dal romanzo di Petronio “Arbiter elegantiarum” e “parvenu” con un’orgia totale tracannando coppe di vino a iosa. Nella quinta stanza abbiamo la questione” Ubi Potentia Regnat” con uno sfolgorio di “Red Carpet” su cui vi sono basamenti scuri per le Ermie degli imperatori adottivi e dinastici da Adriano a Marco Aurelio, da Costanzo II all’immagini filmiche di “Mio figlio Nerone” di Steno e “Nel segno di Roma” di G. Brignone. Nell’ultima sala infine all’insegna della didascalia “Mixtura Dementiae” è raccolto un po’ di tutto in ordine sparso: da frammenti di colonne e sarcofago, come quello con l’incisione di Amore e Psiche, a volute di capitelli e pezzo di scena di sacrificio con elementi di decorazione architettonica della prima età antonina , tuttavia in particolare ci sono la testa squarciata d’un leone ed un coccodrillo in bronzo nero con la testa d’un soggetto umano in bocca, tra i fossili archeologi ci colpisce un grosso fallo che ci riporta alla “Fallocrazia” di Priapo in Carlo Emilio Gadda, si scorgono architravi spezzati riusati in età severiana, immagini di teste e busti maschili quale quello di Antonino Pio ed uomo calvo, a cui si contrappongono le opere di Vezzoli : la donna velata e la testa di ragazzo nascente, l’uccisione di Tiberio da parte di Caligola, le sculture in tufo di Amore e Sesso nell’antica Roma, un piede votivo in terracotta etrusca, l’estremità podalica di donna con ritocco di smalto rosso per unghie, la testa di Satiro, per finire con l’olio su tela di Chaerea che sopprime Caligola nella lotta fratricida e parentale all’interno della dinastia giulio- claudia, per concludere con resti di parrucca femminile. Altri spezzoni di pellicole sono stati estrapolati da “Sebastiane” di Derek Jarman e “Il Gladiatore” di Ridley Scott. Si può dunque, a buon diritto, definirla una Mostra multimediale ed interdisciplinare che, siamo sicuri, fino all’epilogo di fine agosto riscuoterà il successo che un tale superbo apparato artistico, curato in ogni suo minimo particolare come omaggio alla vetusta “caput mundi” ed all’insigne artista, merita e non perdete l’occasione di visionarlo.
Giancarlo Lungarini