Notice: A non well formed numeric value encountered in /web/htdocs/www.corrieredellospettacolo.net/home/wp-content/plugins/td-social-counter/shortcode/td_block_social_counter.php on line 1176

Il vizio dell’arte, al Teatro Elfo Puccini

Data:

Al Teatro elfo Puccini fino al 2 giugno 2023

Non siamo noi a trattenere la vita, è la vita a trattenere noi… lapidaria frase messa in bocca a Wystan Hugh Auden nell’incontro con Benjamin Britten, incontro – scontro tra due forti personalità culturali del XX secolo e delle rispettive poetiche creative, fulcro di The Habit of art – Il vizio dell’arte di Alan Bennett. Spettacolo che ha debuttato al Lyttelton Auditorium del National Theatre di Londra nel 2009 e in Italia nel 2014 all’Elfo Puccini. Il Teatro milanese lo riprende in questa stagione, sempre con la regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. La pièce di Bennett, pur ricorrendo alle biografie di Auden e Britten di Humprey Carpenter – cui regala un ruolo di commentatore nel copione – è scritto in teatralissima forma, a render saporiti e appetibili i tanti ragguagli delle due personalità. Escogitando una seduta in sala prova permette di interrompere la narrazione, entrando e uscendo dalla terza dimensione dello spazio scenico, con un coinvolgimento del pubblico in una vivida e sapida sovrapposizione tra vita e teatro. Così discussione & azione si trovano a scorrere in un ritmo serrato, che non lascia spazio a cedimenti o, peggio, alla noia. Accanto al dipanarsi del complesso orizzonte di riferimenti culturali e comportamenti e abitudini sessuali intervengono a cantare, in allegra parodia, anche i mobili, tra cui la sedia del poeta, su cui deretani famosi si son posati (nell’epoca d’oro…) oppure a inneggiare, scanzonandole, le venerande rughe del poeta…La descrizione della condotta di vita di Auden è puntuta quanto vetriolesca: ridotto alla cristallizzazione creativa e a un decadimento fisico che non gli impedisce di continuare le sue frequentazioni sessuali. Osannato come reliquia sterile, è issato sul piedistallo della fama museale. Benjamin Britten è il suo contraltare. Il musicista è colto in fase di composizione dell’ultima sua opera, Death in Venice, dall’omonimo romanzo di Thomas Mann, e visita il vecchio amico per trarne incoraggiamenti, vista l’audacia del tema trattato. Il bellissimo “duetto” fra Auden e Britten sulla genesi dell’opera, disquisizione sulla poetica che deve ispirare un libretto – e questi a sua volta la musica – è il momento più alto della pièce teatrale. Accanto alla scanzonata e fatalisticamente ironica rassegnazione dei due, si palesa il doloroso svelamento dell’animo e della condizione dei due vecchi: due le posizioni artistiche, e diverse le solitudini. Nell’immersione totale a riferimenti artistici, non mancano spietati giudizi sull’entourage musicale, con frecciate a Tippet, compositore in voga e alla difficoltà di scrittura di William Walton. Stuart, la marchetta, nella sua estraneità al mondo artistico culturale, rappresenta la forza vitale del desiderio e della conoscenza. Il finale è stiracchiato, diluito già dopo l’intensa declamazione della poesia di Auden a Yeats – con Stuart a pretendere il suo posto nella storia – è una posticcia tirata dell’aiuto regista a chiudere la serata. Wystan Hugh Auden è impersonato da Ferdinando Bruni, Fitz, attore giunto a piena maturità, dalla tenuta di recitazione cui niente sembra essergli impervio: fraseggio e colori, pause, ritmo e tempismo, voce incisiva e quasi tagliente nella perfetta impostazione. Un Auden notevole e superlativamente sviscerato. Sfaccettato Elio De Capitani, inappuntabile come major domo Boyle, petulante e acido quale Henry, trova il pieno valore nel tratteggiare un titubante e dismesso Benjamin Britten, di cui ci percepisce la solitudine anche se legato a Peter Pears. Ida Marinelli, gustosa e simpatica nelle vesti di May donna delle pulizie, campeggia sovrana nella paziente, ma di polso, figura dell’aiuto regista Kay; superbamente divertente nei siparietti musicali accanto all’impagabile Vincenzo Zampa, a riscattare lo scialbo suggeritore George. Donald, l’intervistatore Humprey Carpenter, di Umberto Petranca è parso un po’ troppo esagitato, ma spiritosissimo e bravo a cantare, nella parodia biografo en travesti. Efficace Neil, l’autore, di Michele Radice e generoso Tim nei panni dell’“accompagnatore” Stuart, il promettente Edoardo Barbone. Successo travolgente e calorosi applausi per tutta la compagnia, segnatamente per Bruni e De Capitani.

gF. Previtali Rosti

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati

I corpi di Elizabeth

  Una prima nazionale marca la nuova produzione della stagione del...

“PAPÀ”, quando il passato torna  per far ridere

Al Teatro Manzoni di Roma debutta dal 28 febbraio...

Andrea Menaglia. Tra Libri Oggi e Colosseo

Andrea Menaglia è il fondatore e direttore della trasmissione...

Si pubblicano le poesie di Anna Maria Rinaldini

  Si pubblicano le poesie di Anna Maria Rinaldini, una...