Nacque a Seattle.
Ci si accorse della città della musica.
Forse a partire da lui.
28 anni di vita suonata, alterata, percorsa e vissuta.
Le sue chitarre?
Fender Stratocaster prodotte in serie, poi modificate.
Il suo stile?
Stratosferico con arie rivoluzionarie, nella storia codificate.
Rock elettrificato, questo fu il suo “peccato”.
Distorsioni, il pedale wah wah.
Grazie a lui le novità.
In giro per l’ America, in giro per l’ Europa.
Tra eccessi alcolici e lisergici miscelati con perfezionismo e ossessione.
Tutto era un grande girotondo orchestrato da un solo strumento, la sua arte e il suo tormento.
Una generazione ai suoi piedi con le proprie orecchie e i balli.
I contemporanei.
Anche dopo, lui è rimasto.
Niente era facile vicino a lui, solo la chitarra poteva sopportare i suoi ruggiti.
Come agguati, corde fumanti, note sonanti, litigi infiniti, molti mondi percorsi in molti modi.
Nell’ Olimpo dei “per sempre” lui c’ è.
I dannati si fanno ricordare.
Visse intensamente quanto improvvisamente finì, e finì improvvisamente di suonare proprio quando tutto tutto finì.
D’ altronde, per i più grandi è sempre stato così.
La musica nuova gli attraversò le vene per fuoriuscire da dita e invisibili catene.
Creare è sempre un dono per chi riceve e castigo per chi diviene strumento.
Anche per Jimi andò così.
ROViRO’