Raccontare storie è il suo mestiere, costruire intrecci tutti da dipanare – spesso legati a temi sociali – sta diventando un suo marchio di fabbrica che la sta rendendo popolare, ricercata e raffinata. Emanuela Licciardelli ha 30 anni, orgogliosamente nata e cresciuta in Sicilia, nella terra che ha dato i natali al grande regista Giuseppe Tornatore. E la regia, insieme alla sceneggiatura, è il filo conduttore della sua carriera che la sta portando in giro per l’Italia, che le ha fatto scoprire il piacere di insegnare la materia alle giovani generazioni, che le ha permesso di raccontare le bellezze del suo territorio e di re-interpretare in chiave biblica la violenza sulle donne. Emanuela sa sperimentare e adora farlo, come adora il genere horror che, alla faccia del suo essere donna, è forse quello che ad oggi la affascina più di ogni altro. Ma nel suo essere un vulcano di idee, ecco che di recente ha dato corpo (e storia) a videoclip musicali, ha promosso una società sportiva e continua a mostrarsi in tutta la sua elegante femminilità. Un biglietto da visita che, causa giudizi e pregiudizi, le è stato più di ostacolo che neanche di aiuto. Naturalmente Emanuela non si ferma, lei che è dottoressa in Storia del Cinema al DAMS e la gavetta ha iniziato a farla presto, scoprendo i trucchi del mestiere e iniziando a metterli in evidenza.
Riavvolgiamo il nastro, forse il mondo del cinema era nel tuo dna…
Mio papà, ex speaker radiofonico ed ex cameraman, mi ha sempre spinta a mettermi in gioco e anche grazie a lui ho sempre frequentato posti dove erano presenti personaggi noti al grande pubblico. Io mi sono tuffata nella danza, poi in quello della moda, ho vissuto qualche esperienza nei concorsi di bellezza e davanti all’obbiettivo della macchina fotografica. Fin quando, è subentrato un momento che ha segnato profondamente la mia vita: mi sono ripresa, ho capito quale era la mia strada e ho iniziato a studiare cinema. Perché, ci tengo a dirlo, ho scelto di fare l’artista.
E, infatti, questo percorso ti sta portando soddisfazioni.
Scrivo sceneggiature e unisco questo ruolo a quello di regista. Scrivo tanto, sempre, sottraendo tempo a tutto e a tutti. Chi mi vede, partendo dal pregiudizio del mio essere donna, pensa che mi occupi di commedie, magari di genere rosa. Niente di più sbagliato: adoro il genere horror, mi piace creare lo scontro, stupire il pubblico attraverso un genere che in Italia è sottovalutato. Il mio primo cortometraggio si intitola Ardor, tratta di violenza di genere e mi vede anche nel ruolo di attrice protagonista. Una trama controtendenza in cui la violenza di genere viene raccontata trasformando la donna vittima nella figura di Gesù Cristo, facendole rivivere gli ultimi giorni della Passione con una ampia simbologia che coinvolge figure bibliche come Giuda, Pietro, Maria Maddalena. Ardor è un autentico orgoglio, il cortometraggio ha girato moltissimo nelle scuole riuscendo a parlare di violenza di genere anche ai più giovani.
Il tema ti sta a cuore.
Sono attivista, lavoro nel campo del sostegno alle donne, sono socia FIDAPA. Mi batto anche con la mia immagine perché penso che essere femminile esprima un concetto di libertà. Io mi sento libera di esprimere me stessa, mi sono spogliata di giudizi, pregiudizi, stereotipi, mi batto per le donne, e io devo essere un esempio. C’è sempre un limite da rispettare: possiamo essere sensuali, sentirci donne, senza dover essere volgari. Ecco perchè mi piace curarmi, sono attenta a ciò che indosso e a come lo porto, ma questo non significa che io abbia autostima alta: mi faccio forza per mettermi in gioco, poi come tutte le donne piango nei camerini. Purtroppo alle volte è frustrante come produttori, colleghi, persone che lavorano sul set, tutti siano così colpiti dall’aspetto esteriore che talvolta nemmeno stanno ad ascoltarti. A volte vengo contattata da chi ha un obiettivo ben diverso da quello lavorativo, spesso io faccio ancora fatica a far valutare il mio lavoro anziché il mio aspetto.
La tua immagine è un biglietto da visita…
Ma guai a fermarsi lì! Quando ero giovane vinsi la fascia di Miss Cinema in un concorso a cui partecipai quando avevo 17 anni, il mio aspetto mi ha portata ad approcciarmi al mondo della fotografia che oggi coltivo con fotografi amici, fra cui anche Giuseppe Paone, Giuseppe Contarini, che è stato fotografo ufficiale di Sanremo. La fotografia permette di bloccare la realtà ma è anche lo specchio dell’essere umano in continua evoluzione, la fotografia ci mostra come il tempo passa,eternizza il momento. È l’attimo preciso attraverso il quale viene vista l’anima.La fotografia è madre del cinema.
Una spiegazione didascalica, d’altronde non stupisce: quest’anno sei stata prof…
Ho insegnato multimediale nel Liceo Artistico Tommaso Catullo di Belluno per avvicinare gli adolescenti al cinema, alla fotografia, al filmmaking. Il cinema deve entrare in tutte le aule scolastiche, io non volevo insegnare perché pensavo di non esserne capace: invece ho studenti che credono in me, che mi contattano, e noi con fiducia dobbiamo credere in loro. Assieme alla 3AM abbiamo girato un cortometraggio “Il ciondolo” che potete trovare su Youtube.
Nel tuo curriculum figura anche un video per promuovere un corso di laurea del DAMS.
Da neo laureata mi sono occupata nel ruolo di regista e sceneggiatrice del cortometraggio “Noi siamo il Dams” che promuovesse i corsi del Dipartimento dell’Università di Messina, ma l’elenco di progetti portati a termine è lungo. Ho girato uno spot promozionale per la squadra di calcio Ardore nell’estate 2022, negli ultimi mesi mi sono aperta alla scrittura di videoclip musicali per la cantante Caterina Zito che canta il pop in lingua calabrese. Un approccio innovativo, l’ultimo video uscito a Ferragosto si chiama Libertà e sdegno, un omaggio alle case rifugio,alla donna nell’arte e alla libertà.
Il tuo impegno non si ferma qui.
Ho organizzato eventi per dare il mio contributo a raccontare e tramandare la tradizione del mio territorio. Ora sto scrivendo la sceneggiatura di Ricordatevi di Angelica, scritto da Bruno Siciliano, testo che potrebbe dare il via al mio primo lungometraggio; inoltre, sto ultimando il mio lungometraggio, intitolato Inside, che tratta di disturbi dell’alimentazione. In entrambi i casi restiamo sul genere horror: prendo temi sociali, cerco di attivare il processo di catarsi attraverso l’esorcizzazione di mostri,spiriti e riti. Ho intenzione di aprire un crowdfounding per sostenere il peso economico della produzione e penso di girarlo a Belluno, la città veneta che mi ha accolto per un anno dove le istituzioni hanno risposto con entusiasmo alla mia presenza. Di più: vorrei creare un docu-film sugli Alpini per creare il primo archivio storico di raccolta di testimonianze orali per il Veneto. E sempre restando in Veneto, ho un obiettivo: fra 5 anni, essere al Festival del Cinema di Venezia…
Nel frattempo, non ti fermi.
Pur facendo fatica e sacrifici, sto lavorando in un settore che adoro. Nessuno mi ha regalato nulla, la notte non dormo per scrivere, mi getto in tantissime iniziative perché accrescono me stessa, mi piace circondarmi di persone con cui sia piacevole il confronto. Ho la fortuna di avere accanto un compagno e una famiglia che ha accettato il mio modo di essere, la mia arte, il mio essere estroversa, il mio essere egocentrica, forse un marchio di fabbrica che noi registi abbiamo.
Nel frattempo, sui social l’attenzione nei tuoi confronti continua a salire.
Io semplicemente mi presento come una donna di 30 anni che ama ciò che fa, che ama il suo lavoro, il suo corpo, e che ama condividere parte della sua vita. Purtroppo c’è ancora chi si sofferma sulla sola immagine in modo superficiale, dovrebbero parlarmi per sapere cosa faccio davvero nella vita! Anche per essere così come appaio, mi impegno con sport, alimentazione, rapporti interpersonali. Ho tatuato sul collo “mens sana in corpore sano”, perché il corpo deve essere nutrito tanto quanto la mente.
Luca Fina
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