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Scontro ideologico ed etico tra sorelle e con la colf in “Le intellettuali di Piazza Vittorio”

Data:

Dal 28 settembre all’8 ottobre 2023 al Teatro Vittoria di Roma

Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento il teatro ebbe le sue principali svolte e riforme rappresentative : non solo fu approvata la dignità come attrice della donna ed introdotta la sua possibilità di recitare come tale, ma venne soppresso il “carro di Tespi” itinerante e creata la struttura stabile del “Globe Theatre” In Inghilterra, mentre in Francia Jean Baptiste  Poquelin conosciuto comeMoliere inventò i tipi dei caratteri umani sostituendoli alle classiche maschere, che ancora restano per il Carnevale come per i Saturnalia nell’antica Roma. Egli dunque diede vita al teatro moderno per il “Re Sole” e mise al centro delle sue trame le classi sociali dei personaggi e la loro formazione umana ed intellettuale, l’aspirazioni interiori, riscuotendo da parte di pubblico e critica enorme consenso e sprone a continuare sulla strada intrapresa, che poi sarebbe stata seguita nel Settecento da Goldoni in Italia. Proprio ad uno dei suoi lavori comici ”Le Intellettuali” s’è rifatto Augusto Fornari per adattarla nel contesto attuale nel “melting pop” dell’Esquilino con i protagonisti che riprendono non solo la tematica della differenza di cultura e spirito morale, comportamento e tenore di vita, dei personaggi, ma trattano pure il fenomeno dell’immigrazione che domani 4 ottobre, festa del compatrono d’Italia San Francesco, avrà la sua giornata particolare. La resa drammaturgica al teatro Vittoria di Testaccio è stata poi realizzata da Laura Becchimanzi , che avevamo già visto quest’estate con piacere alla rassegna de “I Solisti” alla Filarmonica, con un dialogo incalzante, fresco di spunti pregnanti nella presente situazione e con frecciate satiriche tra un caleidoscopio di familiari d’estrazione italo – islamica discendenti da un matrimonio misto tra una nostra concittadina ed un immigrato persiano, ormai defunti e genitori di due sorelle ed un figlio rapper.  Questo nucleo primario della società civile era venuto in Italia dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, di cui si sentono gli echi ed i risvolti politici con conseguenze pratiche di accoglienza dei profughi politici della casa di media borghesia dei Bahmani – Scaffidi Argentina, divenuta un autentico “porto di mare”. Vi sono artisti di strada come gli zampognari, il prestigiatore che sputa palline di plastica con la cerbottana, i danzatori di Caracalla ed il regista naif Trissottani che fa riprese da vicino con la sua videocamera, con l’aggiunta d’una poetessa che legge una lirica dedicata alla giovane che è stata brutalmente uccisa dalla polizia politica del regime per non portare bene lo “Chador”. Le due sorelle sono divise dagli studi compiuti e dall’inclinazioni razionali e sociali palesate : l’una Laleh è più rozza, grossolana e volgare,  donna di casa, mentre la maggiore Azadeh è colta, raffinata, intrigante, riflessiva, più legata geneticamente e mentalmente alla madre, interpretata nelle rarefatte e trasognate visioni aleggianti nell’aria da Cinzia Leone in dialogo con il marito iraniano Vittorio HamarzVasfi sulla riuscita della prole. Dunque la sofisticata Azadeh,  che tradotto significa libera, mentre l’etimo della sorella equivale a Tulipano, crede che il matrimonio freni la donna, ne impedisca la piena affermazione, ledendo la sua indipendenza .L’aspra contesa cresce allorché apprende che la giovane  ama l’immigrato Khodadad che prima era stato suo compagno, ma che lei aveva lasciato sentendo troppa differenza di livello istruttivo con lui, da intendere semanticamente con “dono di Dio” , che si era consolato con la più malleabile e disponibile sorella che desidera sposarlo, ma perderebbe parte dell’eredità senza il consenso degli altri due. Quello del fratello, incarnato come uno spericolato, sfrenato e frenetico rap fuori scena e sullo schermo da Stefano Fresi videochiamato, c’è poiché è legato alla “tata” e colf” Tina avvezza ad un linguaggio gergale, offensivo e trasgressivo, specie quando ciascuno vuole una gastronomia diversa: vegana, vegetariana, celiaca e nutrizionale, antidiabetica, per cui lei non sa più dove sbattere la testa, in particolare con lo  stravagante e parassita regista, altra figura derivata da “Il Tartufo” di Moliere, per cui stanca dei suoi sproloqui insultanti non decorosi per una casa rispettabile Azadeh la caccia via, con la costernazione della poveretta e del suo pigmalione sventato . La coraggiosa decisione , tuttavia, mette in crisi la “luce di casa” e cartesiana che si sente spiritualmente sola, priva delll’affetto dei congiunti e senza la capacità di gestire la magione priva della cameriera. Perciò con un’attenta analisi di coscienza ed approfondita introspezione capisce che deve fare marcia indietro, riportare la serenità in famiglia facendo prevalere il buon senso e dando pace, gioia, ai suoi germani e nel contempo alla loro residenza. A dare ancora più carica sarcastica e pochadica alla commedia contribuisce la senilità caratterizzata dall’allucinogeno uso di sostanze stupefacenti ed in parte dall’ Alzheimer della strafatta zia Pareesa, che riteneva l’amore di Khodadad per lei tutta infervorata e svolazzante nelle nuvole celestiali inspirate. La surreale e sbrigliata messa in scena è della compagnia Valdrada che s’avvale dell’interno salottiero borghese creato da Fabio Pecchioli per le stupende conversazioni paradossali nella dialettica pungente od astratta ed onirica come quella dei trapassati, che era una delle tre discipline letterarie della classicità. La Compagnia Teatrale ,che allestisce lo spettacolo fino a domenica prossima, è formata dalla medesima Becchimanzi nello splendido ruolo eccentrico ed accattivante di Azadeh più :G. Conteduca, M. Fabrizi, T. Guarini, C. e G. Vanni, che interagiscono efficacemente tra di loro regalandoci un icastico divertimento con una ricca serie di sensazioni istintive ed emotive meditazioni. Seguirà per una settimana il filosofico e classico testo epico di F.Durrenmatt che rivisita la tragedia tebana dei Labdacidi insieme con la veracità profetica o meno dell’oracolo di Delfi, uno dei 5 luoghi dove si svolgevano le gare panelleniche dei Greci con tre tragedie ed un dramma satiresco, oltre a quelle sportive del pentatlon. Adesso la scintillante e ricca di contrasto giuridico tra diritto divino e statale  “Antigone” è stata paragonata dal regista svizzero  Milo Rau allo sfruttamento ed espropriazione delle terre dell’Amazzonia da parte del mercato capitalistico e delle grandi aziende commerciali, petrolifere.

Giancarlo Lungarini 

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