Al Teatro delle Muse di Roma
Ancora una volta l’attore e regista Geppi Di Stasio nel suo spazio teatrale di via Forlì vicino a Piazza Salerno, gestito con sagace direzione artistica da Rino Santoro anima del repertorio classico partenopeo a Roma, si diverte a dissacrare con la sua verve sarcastica e la feconda genialità del suo pensiero alcuni gravi problemi del consorzio civile della nostra popolazione nazionale ed a parodiare qualche testo della mitologia classica, che aveva cominciato a fare con la rilettura ironica dell’”Edipo Re” di Sofocle intitolata “Non è una tragedia”. In questo suo nuovo lavoro toglie la “quarta parete” come nella drammaturgia di Pirandello e si presenta in scena seduto su un gradino rialzato sostenendo che non esiste un copione e che la commedia sarà un “Work in progress” con l’aiuto degli spettatori che dovranno scegliere anche il suo nome, che alla fine risulterà Osvaldo . Da qui scatta la rappresentazione per il gioco del “teatro nel teatro” e con uno schema di base che lo stesso Di Stasio ha inventato, pur negandolo. Siamo al centro d’un divorzio familiare in un’agiata cellula della media classe della comunità collettiva e lui s’ è invaghito d’una più giovane Tiziana interpretata con notevole carica comica, talora dirompente e sopra le righe, da Giorgia Lepore, mentre la dolce Rebecca è incarnata dalla bella e seducente Roberta Sanzò, compagna sulla scena e nella vita di Geppi. Tutte le tre donne del copione immaginano goliardicamente d’essere incinte ed infatti entrano in scena con dei grossi pancioni espressi metaforicamente da dei palloni sotto i vestiti bianchi di ritualità matrimoniale, che faranno poi esplodere. Tutto fila liscio tra Osvaldo e Tiziana con l’ex consorte Rebecca che tenta di riconquistarlo, facendogli comprendere che la sua è solo un’innocente sbandata. I tre personaggi centrali della pièce sono resi con formule icastiche a tutto tondo tra un litigio, ricordando la pimpante Rebecca che hanno avuto un figlio Concetto che, nonostante non sia dotato di perspicacia ed approfondita cultura generale, è tuttavia un urologo e ginecologo, doppio ruolo nel campo medico, a cui si rivolge Tiziana per un consulto sulle sue condizioni di salute. Tra loro c’è il clamoroso e spesso istintivo colpo di fulmine, amore a prima vista che si realizza nel felice amplesso coitale che lascerà il segno su Tiziana ingravidandola e l’amante Osvaldo crederà che sia suo per cui Concetto avrebbe tra non molto un fratello. Qui possiamo scorgere la matrice classica del teatro ricollegandoci al dramma di Eschilo “ I 7 a Tebe” con la saga dei Labdacidi per cui il rampollo Edipo, invano cacciato per l’oracolo della Pizia di Delfi, chiarito dall’indovino Tiresia, dalla corte, avrebbe ucciso involontariamente il padre Laio giacendo con la madre Giocasta, intravedibile nella seconda donna del protagonista centrale, beffato nell’ardore sentimentale e fuoco del cuore, fiamma d’amore, dal figlio. Intanto Rebecca si consola, tra un litigio e l’altro, con una “Escort” sua amica, altro tema interessante del lavoro, che veste una luccicante pelliccia bianca, facendosi pagare 1.000 Euro a rapporto, cercando poi la catarsi dell’anima e la relativa redenzione dal peccato con opere di beneficenza. I giorni trascorrono, la matassa nome derivabile dal film di Ficarra e Picone spassosissima coppia di giulivo e gradevole umore e dialetto siciliano, s’aggroviglia sempre di più ritenendo Osvaldo che presto suo figlio legittimo Concetto avrà un fratellino. Siamo nell’intricato raggiro della “nea “greca di Menandro con l’ “ agnosis” finale o riconoscimento da un elemento materiale rinvenuto sulla partoriente come ne “I due gemelli veneziani” di Shakespeare o nel plot dei canovacci plautini con i vecchi avari e libidinosi ingannati dai figli con l’ausilio dei servi. Tuttavia siamo in una commedia per cui Geppi doveva per forza darle un finale scontato e dunque Osvaldo, rendendosi conto che il nascituro non è un nuovo figlio, ma suo nipote assurgendo a nonno si riconcilierà con Rebecca e Concetto formerà con la briosa e stravagante Tiziana una nuova famiglia, rimanendo sola per libera opzione personale la prostituta d’alto bordo impersonata dalla scintillante e sussiegosa Patrizia Tapparelli. Il medico con due specializzazioni che matura psicologicamente con la responsabilizzante paternità vede rivestire i suoi panni dal sobrio, discreto e misurato nell’impostazione recitativa, Antonio Mirabella e complessivamente l’operazione sinergica ed aperta riesce bene, anche se gli attori senza la loro buona volontà non sarebbero potuti andare in scena essendo l’amministratore fuggito con la cassa del borderò introitato. Lo spettacolo è pertanto una satirica ironia sociale che tratta varie questioni, dai soldi , all’amore ed alle differenze generazionali, che ruota vorticosamente incatenando il pubblico con irrefrenabili risate evasive dal quotidiano alle sue poltrone per due ore di sfrenato divertimento, che Di Stasio intendeva disimpegnato, ma contenente tra le righe alcune profonde verità legate pure al cambiamento dei tempi. Il lavoro del tutto originale per modalità di concepimento, evoluzione diretta nel farsi e contenuti concettuali primari, resterà al Delle Muse fino a domenica prossima. Di Stasio si conferma il baluardo insostituibile come poliedrico autore fantasioso e smaccatamente gradevole, sornione, di codesto luogo culturale . un “factotum “ insostituibile.
Giancarlo Lungarini