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La rivalutazione del traditore di Cristo nel brioso monologo di M. Ghini “Noi Giuda”

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Il padre della lingua italiana, risciacquando i panni in Arno con le tre edizioni del capolavoro dell’epopea della Fede, Carità e Provvidenza, c’insegnò altresì con l’Ode storica del “5 Maggio” che i fatti e le personalità realmente accaduti e che lasciarono un’impronta di sé negli eventi registratisi nei vari periodi antichi o moderni devono essere giudicati a mente fredda per valutarne la piena portata e l’effettivo valore. Ispirandosi a codesto principio come a quelli indicati dal partenopeo Giambattista Vico nella formulazione della “Scienza Nuova” ovvero la Storiografia, il milanese Attilio Longoni, che un tempo s’era occupato dei problemi militari nelle Caserme, ha preso in mano la Bibbia e deciso di riscattare, riabilitare, la figura del traditore per 30 denari del Messia, affidandone l’interpretazione estroversa ed inquieta, problematica ed interattiva con il pubblico, all’attore romano Massimo Ghini classe ’54, mentre l’autore è quirite d’adozione. Per Ghini si tratta della prima volta che è stato scelto per recitare un monologo parodistico ed ironico, ambivalente, d’un personaggio che finora tutti i Cristiani hanno ritenuto responsabile della morte del Redentore. Con Ghini, che dimostra d’avere una bona conoscenza della Bibbia ed essersi accuratamente preparato per portare in scena il discepolo evangelico della ribellione e perdizione, s’esamina tutta la Storia della Palestina sotto il dominio dei Romani con le differenti sette allora costituitesi Esseni, Zeloti e Nisseni, Farisei, alcune a favore dei Romani ed altre nettamente contrarie, tanto che Giuda si domanda con angoscia per quale motivo Dio, che con Mosè liberò gli Ebrei deportati e distrusse gli Egiziani con le acque del Nilo, non abbia fatto lo stesso con i Romani. Da una parte Mosè è letto come l’antagonista di Cristo, si condannano gli Ebrei per avergli preferito il ladrone Barabba alla guisa di quello che fanno ora criminali e mafiosi inginocchiandosi addirittura le processioni al Sud davanti alle loro case, dall’altra si scorge in lui il seguace che collaborò efficacemente con Gesù perché s’attuasse il suo piano salvifico. Ghini ripete più volte l’espressione di Gesù “Quello che devi  fare , fallo presto” per indicare che Giuda era diventato lo strumento pragmatico per la realizzazione del piano redentore del Figlio dell’Uomo o di Dio,al punto che secondo Longoni il termine Padre non ricorre quasi mai. Insomma implicitamente Giuda sarebbe stato un collaboratore di quanto già manifestato dal profeta Isaia riguardo al “Servo di Dio”, tuttavia anche un simbolo come il pane ed il vino, l’agnello ed il pesce, del mistero di Cristo, che aveva palesato il suo perdono salvifico alla vedova di Naim, alla Maddalena, alla Samaritana, al lebbroso, alla figlia del centurione ed al figliol prodigo. Giuda non è soltanto espressione del rimettere i peccati ai pentiti, bensì pure dell’infinito amore e della Carità alla maniera del buon samaritano, dunque potrebbe valere anche per lui l’espressione di Cristo rivolta a Pietro “Allontanati da me poiché mi sei di scandalo ragionando come il mondo”, però dopo viene la Misericordia con le “chiavi dei cieli date a Pietro” ed il senso di colpa, il rimorso, di Giuda che per amore di Gesù s’impicca nel “campo del Cranio” , comprendendo il malfatto per 30 vili monete che non valevano granché. La recitazione di Ghini è stata suadente e coinvolgente, interrogativa alla platea gremita da “sold out” in quanto il nome e la curiosità per l’evento erano una garanzia di riuscita interessante; non sempre gli spettatori hanno saputo cogliere i rimandi e l’allusioni bibliche relative alla Passione ed ai passi evangelici con l’emblematica figura del Salvatore, avendo ognuna delle tre persone della Trinità in una sola Natura la sua funzione; vedasi la diaspora mentale e lo sconcerto in molti degli astanti nel frangente in cui ha chiesto a chi il Redentore era apparso per primo. Logicamente a Saulo di Tarso, era un ebreo dotato di cittadinanza romana, sulla via di Damasco disarcionato da cavallo ed abbacinato per parecchi giorni, tanto che poi aveva dovuto essere curato;  vennero successivamente i discepoli sulla via di Emmaus la sera del dì di Pasqua. Pietro come prefigurazione del Pontefice e Paolo quale apostolo dei Gentili sono divenuti i pilastri fondamentali della Chiesa. L’Amore insegnato da Gesù, “da questo vi riconosceranno, se vi amerete gli uni e gli altri come Io ed il Padre siamo una cosa sola” purtroppo per Longoni non s’è realizzato e non soltanto ci sono state le separazioni tra i Cristiani nel 1054 e nel 1517, ma  ci sono le devastanti guerre in Ucraina e quindi tra le altre due confessioni monoteiste nella Terra Santa di Gesù, dovuta al “discorso del caminetto” di Belfort nel 1917 ed al ritiro degli Inglesi dal possesso della Palestina nel 1948 , come dal kashimir. Tutti vogliono il primato di religione e civiltà invece della Pace e Fraternità portate da Cristo in nome dell’immagine divina di Dio – Amore. Bellissime sono state le visioni sullo sfondo del palcoscenico in bianco e nero ed a colori del paesaggio della Terra Santa e delle diverse vicende, dei comprimari, dell’esistenza di Cristo a partire dalle nozze di Cana e dal Battesimo al Giordano. Lo stesso Papa Francesco c’ ha rammentato che Giuda è una figura evangelica e perciò meglio va considerata, rispetto al sommario giudizio di persona abbietta, ipocrita e corrotta che sommariamente siamo abituati a dargli, per cui, per bocca d’un fine dicitore ed attore, quale Ghini egli tiene una specie d’orazione o panegirico, conferenza a difesa, per perorare apologeticamente la sua causa. In modo malizioso ed a tratti mellifluo indaga , analizza, la sua condotta deontologica e ci pone di fronte all’esigenza di prendere una posizione, individuando magari le contraddizioni ed inesattezze, superficialità dei racconti apocrifi e dei Vangeli che denigrano la sua reputazione con giudizi sommari. La questione resta aperta e pertanto l’invito a sentire empatia per questa figura di discepolo ci sembra un po’ troppo in verità come richiesta. Lo spettacolo sarà replicato al teatro Parioli  fino a domenica 26 c.m.

Giancarlo Lungarini

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