Corriere dello Spettacolo

Naturalismo e simbolismo zoologico dello psicopatico Ligabue

 

Bisogna sempre accogliere con favore l’iniziative che, sia pur private con fini commerciali e di lucro, si ripromettono d’elevare il tenore civile ed intellettuale della comunità nazionale, favorendo il riscatto e l’emancipazione delle classi meno colte come la diffusione d’una maggiore empatia artistica e letteraria per coloro che già dispongono d’un “back ground” di rilievo apprezzabile. Intendiamo riferirci alla società di promozione culturale “Navigare” che, sfruttando gli spazi chiusi da diversi anni del Museo Storico della Fanteria,sta organizzando una serie di mostre di spiccato livello artistico al punto che, dopo quella sul Settecento e gli Impressionisti di questa estate, adesso ne ha addirittura allestite due che si possono vedere contemporaneamente nella stessa giornata a prezzo agevolato per i due biglietti. A piano terra si trova quella dell’astrattista e surrealista iberico Joan Mirò “Il costruttore di sogni” che insieme a Dalì, che sarà il prossimo pittore ad avere una riservata esposizione “ad hoc” a gennaio, nonché Picasso ha rappresentato la svolta nell’Arte contemporanea spagnola rispetto a quella del Cinquecento di Velasquez e Goya,realizzando lavori a pastello, tempera, olio, puntasecca, ceramica e bronzo, mentre al secondo piano v’è quella dedicata allo svizzero Antonio Ligabue, vissuto però per lo più in Italia nel paese di Gualtieri, dopo essere stato adottato da una famiglia elvetica per l’abbandono della madre naturale in seguito ad un promiscuo rapporto. Di lui s’è tanto discusso per la sua geniale sregolatezza, follia con turbe neurologiche e fragilità psichica, cosicché il titolo scelto per la sua mostra è emblematicamente “ I misteri di una mente”.Nato a Zurigo nel 1899 da genitori italiani non legittimati consensualmente per problemi economici ebbe una formazione travagliata, che lo costrinse ad essere ricoverato in centri d’igiene mentale con il relativo influsso sulla sua produzione artistica. Infatti la sua esistenza fu vagabonda, errante e senza una vera meta e scopo per cui si sentì allo stato primordiale a tal guisa da considerarsi un animale, che nelle varie identità e specie sono il soggetto preferito delle sue scul ture e quadri. Il suo trasferimento in Italia nel 1919 risentì dei movimenti espressionisti del tempo,quali il Surrealismo e l’esternazione dei propri sentimenti sempre fatta con grezza empatia e primitivo istinto sensitivo violento. Nelle sue creazioni rifletteva la sua desolata sofferenza ed alienazione, distacco, dal mondo che lo circondava. I dipinti, le sculture, i lavori in ferro e bronzo artigianalmente battuto,possono essere valutati come la manifestazione del suo disordine interiore e lo specchio del suo “Es “ inconsapevole, della sua coscienza quale in letteratura si nota nel “flusso di coscienza” di J. Joyce. Tutto questo mondo di conflitti, lotte, timori e brutali, viscerali, passioni dell’artista si riscontra nei suoi animali Da qui le sezioni della mostra, a parte l’ultima camera destinata ai suoi autoritratti, fiori di policromia coloristica e ritorni dalle campagne con i carretti trainati dai cavalli dopo il lavoro giornaliero faticoso, che sono divisioni del mondo zoologico in animali da cortile, domestici , cani e da bosco, similmente ai leoni ed alle tigri con le fauci spalancate, che corrispondono ai suoi variegati stati d’animo di sopravvivenza ed aggressività non tenuti a freno dalla sua mente delirante. Non è il solo Ligabue ad usare gli animali come “leit motiv” della sua opera, ve ne sono stati anche altri e tra questi Albrecht Durer che con il suo rinoceronte di mole impressionante esprime una misteriosa forza realista; per non parlare delle “pitture nere” di F: Goya in cui la natura umana viene studiata con uguali immagini disturbanti e simboliche. Emerge l’oscura inquietudine pessimista e fosca senza uno spiraglio di luce,ma in Ligabue v’è un’attenuazione del dramma sperimentato per una vitalità agognata ed un tentativo di comprendere che l’escludeva per la sua inferiorità mentale. Si ravvisa un deprimente dolore interiore con ingenui interrogativi esistenziali. Il suo allusivo e metaforico relativismo analogico con le bestie rimanda ai graffiti rupestri del mondo delle caverne in cui l’uomo di Neanderthal attraverso l’incisioni di animali legava l’umano al divino, al soprannaturale, in guisa dei “sacrifici comunione” alle divinità, per cui Caino uccise con il classico fratricidio Abele, quale il ragazzo che ha sterminato la famiglia nonostante l’implorazioni di pietà del padre ed il diciassettenne che ha strangolato la rumena di 42 anni,dopo l’amplesso, nel garage per provare come Turetta l’ebbrezza sensuale e criminale dell’effetto che fa. Insomma , grazie a Ligabue, si ritorna all’ammonimento dantesco “Fatti non foste a viver come bruti”, si pensa a che oggi la vita non ha più alcun valore se non quello del sopruso e della prevaricazione, del più forte con il “teriantropismo” ed il “Superuomo” nietzchiano con l’implicazioni scientifiche e filosofiche, storiche con i rigurgiti nazisti in Germania ed Austria, antisemiti, pur se occorre condannare il genocidio palestinese da parte di Nethaniau, perché la difesa dev’essere sempre proporzionata al torto ed all’offesa ricevuta con l’attentato stragistico e terroristico contro gli insediamenti ebraici e vittime innocenti,, che ricorderemo lunedì prossimo. Si osserva e giudica così in modo nuovo l’artista solitario dalla somma irregolarità etologica e comportamentale,da un mancato equilibrio personale, irrequieto “compos sui”, che l’afflissero per 66 anni fino alla morte, forse una liberazione dai ceppi neuropsichiatrici che l’incatenavano,avvenuta nel 1965.Le opere sono in tutto 73 dagli anni venti a quelli sessanta del ventesimo secolo e la mostra è curata da Micol Di Veroli, Dominique Lora e Vittoria Mainoldi, che l’hanno selezionate da tre collezioni private di Reggio Emilia, Parma e Roma.31 realizzazioni sono sculture bronzee di differenti animali, dal cane, ai caprioli,capre, cerbiatti, babbuini, pantere , leoni e tigri,mentre 18 sono dipinti ad olio con tinte piene, forti ed inconfondibili con l’icastico autoritratto del 1957, cui s’aggiungono 3 disegni e 21 puntesecche nelle 5 ripartizioni della varia tipologia animale. Alcuni lo ritengono un membro dell’Art Brut od un “Outsider”,comunque su tutto domina l’ancestralismo naturalista al pari di G. D’Annunzio, in cui si tende ad imporsi per il tramite della violenza che garantisca il primato del “dittatore” o dominatore assoluto, alla stregua dell’attuale Putin o del tracagnotto Kim Jong Sun della Corea del Nord,nella selezione per la specie darwiniana, alla maniera di Hutu e Tutsi o o degli estremisti delle due guerre in corso, reputata una terza mondiale “a pezzi”, secondo il Sommo Pontefice. Ritorniamo ai mostri e dinosauri della preistoria, in base alla teoria vichiana dei “Corsi e Ricorsi” storiografici, in cui l’individuo invece di progredire torna indietro , sui suoi passi come i gamberi, con una deprecabile e squalificante involuzione imposta dai sensi privati di quello che distingue l’uomo dal grezzo animale predatore, ovvero la razionalità intellettuale degli “Enciclopedisti” del Settecento dopo i grandi giuristi e scienziati dell’epoca moderna, quali Copernico, Galilei, Grozio,Raffaello, Leonardo e Michelangelo Vale la pena andarle a vedere prima che chiudano e precisamente : Ligabue il 12 gennaio e Mirò il 23 febbraio del prossimo anno, che sarà caratterizzato dal Giubileo portato a 25 anni, a parte gli straordinari come quello della Misericordia del 2015, dopoché Bonifacio l’indisse per la prima volta nel 1300 per il pentimento e la conversione o “metanoia” dai propri peccati con un retto e teologico cambiamento di vita , che auguriamo ai “pellegrini della Spes o Speranza quae non confundit”.

Giancarlo Lungarini

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