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In scena Daniela Poggi, scomodamente madre di un giglio assassino

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Di Gino Morabito

Eleganza nelle parole, nei movimenti, nei gesti. Daniela Poggi è una splendida donna cresciuta dall’arte, dalla scuola, dalla musica, dal teatro. Una raffinata performer che, tra profondità e passione, recita per dare emozioni e solo sul palco ritrova la più autentica sé stessa.

Dopo il successo di repliche della passata stagione, torna in scena con lo spettacolo “Figlio, non sei più giglio”, scritto da Stefania Porrino con le musiche dal vivo di Mariella Nava, che enfatizzano l’impatto emotivo dell’esperienza, e il supporto di Global Thinking Foundation. Sarà in tournée il 30 ottobre a Roma per una speciale rappresentazione alla Camera dei deputati.

Viene delineata la figura di Maria, che vive il dolore di una spada che le ha trafitto il cuore. Patimento, però, che è frutto di una situazione rovesciata in cui l’amato figlio non è vittima innocente dell’altrui malvagità ma autore egli stesso di violenza.

«Sono mille i pensieri che mi animano, così come le domande. Portando in scena questo personaggio, mi immedesimo totalmente in Maria. Una donna dentro la quale metto me stessa, la mia maternità, la mia fragilità. Vivo una simbiosi con il ruolo che interpreto. Quando lo spettacolo inizia, non sono più Daniela ma la madre di un uomo che ha tolto la vita ad un’altra donna, a un’altra madre come lei.»

Ciononostante, alberga ancora la capacità di speranza in una rigenerazione interiore che renda possibile a lei, madre, di perdonare un figlio che non è più giglio.

«La speranza non l’ha mai persa. Ma solo dopo che sarà diventato un “uomo nuovo”, la madre riuscirà a perdonare il figlio. Ed è un percorso di sofferenza che faranno insieme. Quanto a me, a dispetto di quei piccoli dettagli, di parole, chiusure, atteggiamenti che spesso mi vengono inferti come ferite… è un sentimento che frequento sufficientemente, il perdono.»

I dati ci dicono che da gennaio a giugno del 2024 i femminicidi sono stati 49, il 21% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Vuol dire che, forse, in un mondo di uomini, il cambiamento è possibile.

«In realtà, è la donna ad essere cambiata. Molto. Si è rafforzata nel pensiero, nel lavoro, nella sua professionalità e nella capacità di combattere. L’uomo, invece, nel tempo, non è stato in grado di portare avanti un cambiamento altrettanto significativo. Si è semplicemente adeguato a determinate situazioni con l’idea di riuscire comunque a soggiogare la donna e di potersi permettere tutto ciò che a lei invece è ancora precluso. La verità vera è che all’uomo farebbe molto più comodo ritrovare quella figura di donna, angelo del focolare, che lo aspetta a casa tutto il giorno, mentre lui è fuori a procacciarsi il lavoro. Una donna accondiscendente, che prepari del buon cibo ed elargisca amore e sesso all’occorrenza, e che non crei problemi, non ponga domande, non voglia innescare discussioni.»

Evidentemente, c’è qualcosa di sbagliato nella maturazione affettiva di un’intera società e nell’incapacità degli uomini di controllare le proprie emozioni. Tuttavia, forse, anche nel rapporto troppo possessivo e a volte morboso delle madri con i figli maschi. Si tratta, dunque, di un problema assai complesso, dai risvolti, sia psicologici, sia socio-culturali, che non può essere affrontato in modo univoco. È questa la proposta “scomoda” fatta al pubblico per cercare insieme di analizzare, comprendere e superare vecchi stereotipi e nodi irrisolti che affondano nell’inconscio di ciascuno di noi. Resta di fatto che ancora si stenta a riconoscere il diritto-dovere di esigere rispetto.

«Rispetto è riconoscere l’altro nella sua individualità, nella sua preziosità e unicità.»

Per contro, oggi sempre più donne aprono il loro account OnlyFans, mercificando la propria immagine.

«Ritengo che noi donne stiamo cadendo in un gravissimo errore, perché pretendiamo rispetto dagli altri ma non da noi stesse. Il punto è che spesso non siamo capaci di volerci bene e, se ricorriamo alla mercificazione del nostro corpo, vuol dire che in fondo non crediamo nel nostro valore di esseri pensanti, di persone dotate di un cervello prima ancora di un corpo. Esistere solo perché ti guardano gli altri significa pensare, da sole, di non esistere. E, quando una donna perde la propria autostima, è la fine: sta mettendo la sua fragilità nelle mani di uomini che, senza troppi scrupoli, se ne approfittano. Credo pertanto che tutta la comunicazione odierna dovrebbe essere improntata sul recupero dell’autostima.»

Attrice, conduttrice televisiva e fondatrice di “Bottega Poggi”, un’impresa sociale per promuovere e diffondere cultura, gettare semi di sapere e conoscenza tra i giovani. Una carriera in continuo divenire.

«Ho iniziato misurandomi con la commedia brillante, poi con la prosa, il dramma; con la regia, la scrittura, il canto, il ballo, la conduzione… televisione, cinema, teatro, impegno nel sociale. Una pellegrina in cammino, con lo zaino in spalla, alla continua ricerca di nuovi ruoli e di sfide professionali sempre più ambiziose. Una donna che, attraverso il proprio lavoro, arriva a conoscere sé stessa.»

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