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Cristi degli italiani in America Latina in “Stefano” all’Arcobaleno

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Il dramma degli esuli politici africani attraverso la rotta dl Mediterraneo o quello che tragicamente affrontano coloro che seguono la rotta dell’EST dall’Europa orientale o dai Paesi asiatici, con le stragi di Lampedusa o di Cutro, insieme a quelle provocate dai criminali scafisti,per non accennare a coloro che vengono sommersi dalle nevi o restano congelati dal freddo tra i Carpazi e le Alpi, prima di arrivare in Piazza della Libertà con la Stazione Ferroviaria a Trieste passando per il valico di Fernetti, è uno dei principali temi sociali ed umanitari nel contesto attuale. Nel quadro di questa immane catastrofe s’inserisce il processo contro l’ex ministro Salvini a Palermo per il blocco della nave ONG con i naufraghi recuperati in mare e non fatta approdare per lo sbarco con il soccorso ai derelitti, per cui il PM ha chiesto 6 anni di carcere per sequestro di persona e l’udienza decisiva di primo grado sarà il 20 dicembre prima di Natale. Per la teoria dei “corsi e ricorsi” sostenuta all’avvio del Seicento dallo storiografo partenopeo Giovambattista Vico, che introdusse la disciplina esegetica e critica della Storia,in linea con la metodologia scientifica attuata dal grande Tucidide nel quadro della guerra del Peloponneso, possiamo affermare che quanto succede oggi con la tragedia degli immigrati citati avvenne nel primo Novecento con l’immigrazione dei meridionali e diseredati italiani nell’America Latina, partendo preferibilmente da Genova o Napoli,oppure a New York all’ombra della statua della Libertà donata dall’ingegner Eiffel lo stesso della torre di Parigi. Quindi dovremmo avere maggiore comprensione per quelli che per libertà politica e migliore vita aspirano all’asilo civile nella nostra nazione,mentre per i connazionali che giungevano a New York v’era la quarantena ad Ellis Iceland, come testimoniato da numerose pellicole cinematografiche, per verificare le loro condizioni di salute e rispondenza alle norme igieniche. Codesta questione fu ripresa dall’oriundo commediografo italoargentino Armando Discepolo nel lavoro “Stéfano”, con cui creò il genere “criollo” che fondeva il comico ed il tragico nella sua produzione, che analizzava i risvolti familiari socio – economici per i nuclei primari che arrivavano al porto della “Boca” dove vi sono il quartiere italiano e le case colorate della nostra originaria colonia , come nel quartiere Palermo con il cimitero de “La Recoleta” oppure “Litlle Italy” a New York con la mafia d’estrazione italiana riparata oltre Oceano e che contribuì nel 1929 con il “surplus” della produzione industriale e meccanica al crollo della Borsa di Wall Street con il toro imponente come statua davanti. Il sarcastico era dato dagli scontri verbali accesi dialetticamente ed infuocati per aver il protagonista omonimo dilapidato il patrimonio di famiglia per venire in Argentina ove non è stato in grado di sfondare con le sue composizioni musicali, dopo aver conseguito il il diploma al Conservatorio di Napoli chiamato “San Pietro a Majella”. I personaggi portano tutti la maschera per non essere specificamente riconoscibili, ma assurgere a simbolici rappresentanti dell’intera collettività sbarcata sulle rive della Boca in cerca di fortuna, similmente a quanto accade oggi con gli immigrati. Il suo intento era di assurgere a firma di prima grandezza con un’opera famosa in grado di fruttare lauti compensi,ma rivela ben presto scarsa vena lirica ed enormi limiti impediscono il decollo della sua canzone, cosicché viene aspramente rimproverato per il tracollo dei suoi congiunti dai propri genitori e dalla moglie con tre figli che non sa in che modo mantenere. La resa dei conti è violenta ed i fogli degli spartiti volano sul palcoscenico con una confusione enorme come la congerie intrecciata a mo’ di labirinto delle sue idee, spirito poetico ed onirico. Le baruffe intime,alla maniera di quelle “chiozzotte” del Goldoni nella commedia moderna,la falsa e modesta risorsa naturale del suo talento con il fallimento delle speranze riposte nella navigazione oceanica per il successo operistico con la risultante mercede capitalistica per la sua famiglia, sono gli argomenti centrali; il mancato ideale prefissosi lo mette in ridicolo tra le pareti domestiche ed ecco quindi il genere “Criollo” scaturito dalle velenose rampogne per la cocente frustrazione e l’infelicità collettiva. I sogni si possono coltivare e questo ha concepito inizialmente Stéfano, ma bisogna fare un esame di coscienza , un bilancio a mente fredda ed oggettiva del proprio valore, per cui, se dovuto occorre cambiare i piani progettati. La dura realtà argentina l ‘ha travolti, non l’ha accolti ed integrati, alla maniera dei lavoratori bracciantili indiani o degli allevamenti bovini e suini del Nord per cui c’è stato il caso del bracciante dello Stato più popoloso del mondo che,per non essere coinvolto nell’incidente occorso al suo dipendente per mancata protezione sul lavoro, assicurazione non ben stipulata per eventuali incidenti occorsi,lo lasciò morire dissanguato con il braccio staccato e insopportabili dolori ponendolo con indifferenza davanti al cancello della sua casa alle stregua di coloro che investono malcapitati pedoni e poi fuggono, specie coloro che sono sulle strisce pedonali. Per renderli personaggi tipo di tante famiglie che hanno avuto un’emigrazione disperata, hanno usato le maschere proprie della Commedia dell’Arte che sono la caratteristica del teatro filologico classico greco – latino del “patron” dell’Arcobaleno, il pluripremiato e stimato maestro di teatro che è Vincenzo Zingaro,che chiuderà la stagione del suo teatro a maggio con l’adattamento e regia della tragedia manzoniana sul figlio del re dei Longobardi Desiderio, ovvero di Adelchi che supplica Carlo Magno perché non infierisca contro il padre e riceva una saggia e cristiana risposta, che bisogna aver pietà della senescenza per non esser vili , oltraggiosi e peccatori. Le otto maschere in scena sono antropomorfe e dal “barrio porteno” di matrice italiana sono state dettate dalla empatica impressione sensitiva dei “murales” della Boca e dei bamboloni riscontrabili nella zona dei blu del Boca Junior,come la gigantografia murale di Maradona nel quartiere dei Tribunali di quella “Parthenope” dell’ottimo film lirico e creativo, fantastico, narrativo e realistico, in tratti onirico ed inverosimile di Sorrentino, divenuto luogo di culto perfino con il trainer Conte che , forse , lì rivincerà nel suo nome il campionato, considerato come l”Inter continua a gettare via gare già vinte e non basta nemmeno il vantaggio di due reti, come verificatosi nel derby d’Italia dopo la prima giornata di campionato a Genova nella “zona Cesarini” con la difesa del “buco” ed un Summer che non para più, mentre Di Gregorio con due staordinarie prodezze ha tenuto in piedi la Juventus dando fiducia ai suoi mentre i neroazzurri ritenendosi vincitori si sono due volte distratti su un entrante e brioso Yldiz. Pertanto l’America Latina si chiama così in quanto deriva dagli immigrati iberici ed italiani, che per lo più sono stati degli sbandati senza integrazione osmotica e culturale,per cuji gli emigranti in sostanza erano degli esuli senza patria. Lo spettacolo è stato prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo in collaborazione con il Teatro del Sangro , mentre la traduzione e regia è stata firmata da Stefano Angelucci Marino,che s’identifica con il protagonista deluso per se stesso e gli altri della sua famiglia senza evitare offese e “colpi bassi” per il tramonto delle speranze in lui riposte. Insieme al regista alla disputa verbale hanno partecipato con un serrato ritmo veloce :Autilio Ranieri,Roberta Solofria, Rossella Gesini, , Stefano Angelucci Marino, sono stati virtuosi della parola diretta ed efficace, straordinaria. Dal 7 al 10 si potrà assistere alla relazione sentimentale tra Marta Abba attrice di rilievo per la sua squisita recitazione e fascino sensuale con forte seduzione del suo regista ed autore Luigi Pirandello,nel contempo che ad Agrigento la moglie Antonietta Portolano, sposata per interessi d’affari per le miniere di zolfo, con i “Carusi” del Verga,cadeva progressivamente in preda alla follia per gelosia e doveva essere ricoverata in ospedale psichiatricocon ingenti spese. Protagonisti del bruciante ed intenso confronto amatorio saranno Ennio Coltorti e Laura Lena Forgia che non mancheranno di suscitare l’appassionata riflessione emotiva e culturale dei letterati e degli amanti della cultura storica ed umanistica patriota del ventesimo secolo.

Giancarlo Lungarini

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