Era il 1987 quando David Parsons, danzatore nativo di Kansas City, Missouri, decide di creare la propria compagnia. Dopo aver lavorato con mostri sacri come Paul Taylor ed i Momix, il suo incredibile talento coreografico lo spinge verso una direzione più personalizzata. Ha avuto una straordinaria carriera come direttore, coreografo, performer, insegnante e produttore: dal New York City Ballet a The White Oak Dance Project, fondato da Mikhail Baryshnikov e Mark Morris.
Nella sua carriera ha creato più di settancinque coreografie per la sua Parsons Dance, alcune rimaste dei veri e propri cult. Instancabile lavoratore, genio della coreografia, la sua è la danza dei massimi sistemi. Mai triste, mai noiosa, mai ripetitiva: molto stancante fisicamente, atletica, esuberante, vitale, confema che ballare è bello, divertente e stimolante. La visione di David Parsons è da sempre unire le proprie doti coreografiche ed il proprio talento per formare ballerini altamente qualificati con una vera e propria passione per la danza come forma d’arte e meraviglioso strumento di espressione. L’arte è un potente strumento espressivo e di comunicazione. Il mio obiettivo è fornire a più persone l’opportunità di vivere le meraviglie della danza, è solito dire. Definito dal New York Magazine “Uno dei più grandi protagonisti della danza moderna”, il direttore di Parsons Dance, con i suoi quasi quarant’anni di spettacoli ed i suoi ballerini solari, che trasmettono gioia di vivere, e dalle più incredibili doti e tecniche artistiche, torna a grande richiesta in Italia con un nuovo tour, che debutta al Teatro Arcimboldi di Milano.
La compagnia interpreta al meglio l’avvincente visione artistica di David Parsons ed include nel proprio repertorio di coreografie originali, esaltate dal gioco di luci di Howell Binkley (vincitore di un Tony Award per lo spettacolo di Broadway Hamilton), due nuove coreografie di Parsons che faranno il loro debutto proprio in questo tour italiano: Juke e The Shape of Us.
Juke, commissionato a Jamar Roberts, già danzatore di Alvin Ailey American Dance Theatre e coreografo residente,è un omaggio a Spanish Key, tratto dall’album Bitches Brew (1970) del leggendario Miles Davis, ed agli anni ‘70: forme psichedeliche creano una cornice per far risaltare il talento dei singoli danzatori, che sono, come sempre, incredibilmente tecnici.
Segue Balance of Power, un assolo che Parsons ha creato nel 2020 in collaborazione con il compositore e percussionista italiano Giancarlo De Trizio, per una delle ballerine della compagnia, Zoey Anderson. Ispirato al Boléro di Maurice Ravel, anche il ritmo di Balance of Power inizia lentamente e in sordina fino a crescere e sfociare in un ritmo frenetico e a tutto volume, in una cacofonia di suono e movimento: qui interpretato da Elena D’Amario, ex Amici, e per alcuni anni parte della compagnia. Decisamente sopravvalutata, forse solo perché italiana o forse perché, come sempre succede nel nostro paese, basta andare in televisione per essere la più applaudita di uno spettacolo.
The Shape of Us è una prima europea, l’ultima creazione di David Parsons: un viaggio dall’alienazione alla connessione con la musica del gruppo elettronico sperimentale Son Lux. I danzatori, tutti in bianco e nero ma con nessun costume uguale all’altro, si esplorano scoprendo la reciproca bellezza; tipico stile Parsons, con gente che va e gente che viene, a volte in scena in due, in gruppo, in più gruppi, un continuo cambio di posizioni e di danzatori che non annoia mai: una coreografia bellissima.
Non poteva mancare uno dei suoi cult, Caught, incredibile assolo del 1982, una fusione tra danza e tecnologia su musica di Robert Fripp: richiede al ballerino una resistenza atletica pazzesca in una frazione di secondo. Grazie, infatti, a un gioco di luci stroboscopiche, l’illusione che ne deriva è che il ballerino sia sempre a mezz’aria. Indimenticabile l’interpretazione dello stesso Parsons, qui una stupenda Zoey Anderson ne raccoglie l’eredità.
Chiude il programma un lavoro di Parsons che mette in luce la sua affascinante visione artistica: Whirlaway, commissionato nel 2014 per celebrare Allen Toussaint, il fenomeno musicale di New Orleans. Sulle note che spaziano dal rock al blues, passando per tutta la gamma del jazz, anche questa coreografia è un continuo alternarsi di assoli, passi a due, a quattro, a sei, a otto, con coppie che si rimescolano continuamente, come se si divertissero spensieratamente in una danza giocosa. Come gà, costumi in stile anni ‘50, abiti con gonnelloni larghi per le ragazze e pantaloni e camicia per i ragazzi, per non dimenticare mai il sogno americano.
Ci abbiamo sperato, ma il capolavoro di Parsons, Nascimento, non è purtroppo in programma. Le caratteristiche del David più famoso di Kansas City sono sempre una coreografia luminosa, vivace, piena di salti, giri, incroci di diagonali, in un tripudio di gioia e vitalità, su musiche sempre allegre e mai cupe o drammatiche: ecco la vera essenza del suo genio, la danza è gioia, sempre. La compagnia è composta da ballerini spettacolari con un livello tecnico altissimo: Zoey Anderson, Megan Garcia, Tea Perez, Luke Romanzi, Joseph Cyranski, Justine Delius, Joanne Hwang, Emerson Earnshaw , Odin Brock e Luke Biddinger. Alla fine, lo stesso Parsons appare sul palco fra i suoi danzatori. In Italia fino all’inizio di dicembre, da vedere assolutamente!
Chiara Pedretti