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Michele Armienti, esempio del medico condotto

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Sono cresciuto guardando il telefilm “la piccola casa nella prateria” una piccola comunità dove il dottore è presente come amico e consigliere. Mai e poi mai avrei pensato di trovare un uomo reale e simile infatti il dottore Michele Armenti dal lontano 2 gennaio del 1972 simile a Samuele che nell antico testamento rispose ECCOMI al Signore lui senza esitare risponde Eccomi al popolo poggiorsinese. Lui uomo colto umile e buono. Parliamo di Michele Armienti, che lasciò la natia Grumo Appula per cominciare la sua “missione” a Poggiorsini piccolo paese di circa mille residenti nella murgia barese. Per questo possiamo dire che la sua quasi apostolica opera è al servizio dell uomo. Lui filantropo, buon samaritano perché, come ripete spesso, «dobbiamo sforzarci di essere sempre al fianco del fratello che ha bisogno».
Su queste basi ha costruito la propria vita mettendo se stesso al servizio del prossimo, come padre di famiglia e come medico sempre pronto per i suoi pazienti.
La sua abnegazione è più che meritevole infatti ha ricoperto l incarico di sindaco, con l’impegno di costruire qualcosa di bello per la sua Poggiorsini. «Il bene va verso Dio, è vero amore.

Omnia amor vincit
Si è vero ma caro dottore con la sua bicicletta è disponibile 24 ore su 24 per donare i suoi consigli lui non guarda gli orientamenti politici, le condizioni socio culturali lui si mette alla pari di tutti e con il tu diventa amico con rispetto poi oltre i consigli essendo ora in pensione invita poi a raggiungere il medico di base e a non sottovalutare i colleghi. Lui il dottore Armenti medico per eccellenza non dimentica di essere stato aiutato in gioventù da una comunità che aveva necessità di un medico condotto così ha impostato la sua esistenza sin da quando ero giovane.
Ci racconta:
“Mi sono laureato in medicina nel 1971. Poi seppi che a Poggiorsini erano senza il medico condotto da oltre quattro mesi e ne parlai con 1 ‘ allora sindaco Michele Angelastro che mi prese subito. Da allora non mi sono più mosso. La gente di qui mi ha sempre voluto bene. Ho curato tante generazioni di pazienti: nonni, mamme, zii, figli, nipoti. Ancora oggi cerco di fare solo il mio dovere. Tutti mi chiamano affettuosamente papà». Passione e spirito di dedizione. Nel settembre del ‘ 72 Michele Armienti si sposa con Angela Giampietro. Il primo passo di una grande famiglia.
«Vivevamo nella casa comunale che all’epoca spettava al medico condotto. Due stanze, cucina e un bagnetto. Ci bastava. Nel frattempo m’iscrissi al corso di specializzazione in anestesia e rianimazione a Verona. Avevo già due figli quando fui chiamato al servizio militare. Per quindici mesi svolsi le mansioni di ufficiale medico. Poi, ritornai a Poggiorsini». Medico a 360 gradi. Ha fatto partorire in casa tantissime mamme.
Una visita dietro l’altra, a piedi oppure in sella alla sua inseparabile bicicletta Legnano con i freni a bacchetta del ’71, che tuttora funziona benissimo. C’è un ricordo che suscita in lui ancora tanta emozione. «Era l’estate del 1986. Un giovane agricoltore stava arando il podere con un trattore a cingoli che improvvisamente s’impennò travolgendolo e schiacciandogli una gamba. Quando arrivai sul posto le sue condizioni erano preoccupanti, perdeva molto sangue.
Dovetti prima rianimarlo, poi utilizzando la buona pratica medica evitai complicazioni fino al ricovero in ospedale. Oggi qual ragazzo ha 57 anni ed è un padre felice di tre figli». A proposito di figli, il dottor Armienti ne ha ben sette: Teresa, Maria Carmela, Licia, Felice, Donatella, Piera e Francesco l’unico che vive a Poggiorsini in provincia di Bari «Io e mia moglie abbiamo fatto tanti sacrifici per crescerli ed educarli nel miglior modo possibile. Siamo molto uniti e ci vogliamo un gran bene. Sono tutti laureati, cinque sono sposati. Ho nove nipotini».
Una famiglia che si è poi allargata in seguito ad un evento particolare. «Circa vent’anni fa il giudice del Tribunale dei minori di Bari mi affidò cinque ragazzi, due maschietti e tre femminucce, di Poggiorsini, rimasti orfani dopo la morte della mamma colpita da un male incurabile. Diventai il loro tutore. Uno viveva nella propria casa, gli altri quattro in famiglie del posto seguiti anche dagli assistenti sociali. Li ho accuditi e aiutati come se fossero miei. La cosa bella è che si creò subito un rapporto affettivo con tutta la mia famiglia. A volte capitava di festeggiare il Natale insieme. Mi sembrava di avere dodici figli.
Li porto nel mio cuore, ci vediamo di tanto in tanto». Anni fa ha vinto il premio “Buona Medicina” dell’Ordine dei Medici di Bari.
Sua Santina papà Francesco ha inviato quest anno in udienza due volte il dottore Michele, ma lui ha preferito essere vicino a dei pazienti ed ha promesso alla prefettura pontificia “verrò” perché è meglio il silenzio e operare per il prossimo. C’è da dire che ha già reso omaggio a due papi san Giovanni Paolo II e allo stesso papa Francesco.
Ora sono in pensione ci racconta “ma sarò sempre disponibile con la mia gente”. Il COVID ha fermato tutti ma non lui che entrava nelle case e aiutava tutti senza paura senza pensieri o titubanze come l esempio dei ragazzi di san Giovanni Bosco. Lui regala un sorriso una parola buona un suggerimento. In cambio chiede una preghiera per lui e per la sua famiglia.
Questa è una storia del bel paese nella murgia barese.

Paolo Siccardi

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