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Quel filo rosso e la Piramide di Caio Cestio a Roma diventa “contemporanea”

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Come se fosse un palcoscenico nel cuore di Roma, la Piramide di Caio Cestio ha aperto le sue porte per una tre giorni dedicati all’arte contemporanea e a delle suggestive installazioni e performance dal vivo.

Dal 20 al 22 settembre è stato possibile tornare a scoprire, gratuitamente ma con prenotazione, il monumentale sepolcro romano, nel cuore vibrante e frenetico della città, ma con occhi diversi e proiettati verso il futuro.

Il progetto “Piramide Contemporanea”, curato da Sala 1, ha previsto la presenza di tre artisti i quali si sono espressi in tre linguaggi diversi, mettendosi a confronto – e forse anche in discussione – con il sito archeologico e la città.

Il regista teatrale Fabrizio Crisafulli ha presentato un’installazione basata sull’utilizzo della luce all’interno della camera sepolcrale.

La performance dal vivo della danzatrice statunitense Melissa Lohman ha letteralmente incantato.

Ma è in particolare l’artista giapponese Uemon Ikeda a realizzare qualcosa di insolito: un’installazione con un filo di lana e seta rosso.

Una sorta di architettura “sospesa” la quale percorre lo spazio verde esterno alla Piramide in varie direzioni, lasciando “viaggiare” la fantasia del visitatore.

La leggenda del filo rosso proviene dal Giappone e dalla Cina.

Ci racconta di anime gemelle legate da un filo rosso indistruttibile, scelto dal destino ed impossibile da rompere.

A testimonianza che quel destino esiste e si manifesta attraverso questo filo rosso, che noi non possiamo vedere ma che prima o poi ci porta a congiungerci con le nostre anime gemelle.

Dal Giappone a Roma: Uemon Ikeda

L’artista nasce a Kobe, in Giappone.

A ventun anni si trasferisce a Roma, sua città di adozione.

Ikeda spazia dall’architettura, al disegno, fino ad arrivare alla fotografia, non mancano le installazioni, passando per un “teatro impossibile” fino a giungere alla scrittura.

La sua arte è tradotta dal suo sguardo il quale isola segmenti di realtà urbane smaterializzandone la spazialità occidentale mediante quel concetto, tipicamente orientale di “vuoto”, che si tramuta in spazio scenico e teatro.

Le sue “architetture aeree” sono opere effimere, che prendono vita attraverso un filo di lana e seta, il quale è sapientemente intessuto dall’artista, e svela elegantemente quelle forme ideali di architetture sospese all’interno di luoghi pubblici e di interesse culturale, come nel caso della Piramide a Roma.

Il filo rosso di Ikeda – posizionato durante l’installazione temporanea nel monumentale sepolcro romano – è stato volutamente “sospeso” dall’artista, collocandolo al di sopra dei visitatori, all’aperto.

Il pubblico attraversando questo spazio, ha compreso una trasformazione importante: il confine tra reale e virtuale. Chi guardava si è sicuramente posto diverse domande sul rapporto tra spazio fisico e percezione.

Le sue opere temporanee sono state esposte in molti angoli suggestivi della Città Eterna e di Tokyo, a conferma della sua duplice radice, dato che Ikeda è legato sia a Roma che al Giappone, grazie a quel filo rosso impossibile da recidere.

Filly di Somma

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