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Esce venerdì 20 ottobre 2024 il nuovo singolo di Marcello Gori “Troppi (ok boomer)”

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Esce venerdì 20 ottobre 2024 il nuovo singolo di Marcello Gori, in distribuzione Believe Music Italy. “Troppi (ok boomer)”, questo il titolo del nuovo brano, non è una semplice canzone, è un inno social-generazionale, liberatorio e graffiante, dedicato a tutti i possibili “boomer” alle prese con il mondo di oggi, fra responsabilità e voglia di evadere, iper-competitività e social network, apocalissi nucleari e problemi psicologici. Retta da una ritmica martellante di basso e pianoforte, e costruita su una struttura modulare in cui a ogni sezione corrisponde una sfumatura diversa, “Troppi (ok boomer)” cerca un punto di equilibrio fra la profondità della musica d’autore e la memorabilità di una canzone pop; e così facendo racconta dell’alienazione in cui tutti siamo immersi, non avendo ancora compreso, della maggior parte delle cose del mondo, se ci ripugnano o ci affascinano.

“Troppi (ok boomer)” è anche il primo singolo che anticipa il secondo album di Marcello Gori, “Panorama umano”. Alla canzone si accompagna un videoclip girato dagli studenti della Civica Scuola di Cinema “Luchino Visconti” di Milano, per la regia di Gabriele Redaelli.

Noi lo abbiamo intervistato, a proposito del suo percorso da solista, del suo album in arrivo e molto altro, ed ecco com’è andata!

Da cantautore solista e indipendente, di quali aspetti del tuo progetto musicale proprio non ti piace occuparti? E come sta andando?

Dirò una cosa banale, soprattutto considerando la mia canzone, ma con i social faccio davvero fatica, soprattutto a considerare me stesso come qualcosa che possa interessare anche chi non mi conosce. Eppure, per questioni anagrafiche, ho visto nascere praticamente tutto: youtube, google, facebook, instagram, quindi in fondo la cultura dei social network fa parte di me e del mio immaginario da quasi vent’anni; chissà che un giorno non trovi la mia chiave d’accesso.

Sei davvero “da solo” o qualcuno fa parte della tua squadra in questo tuo percorso?

Diciamo che sono assolutamente solo per la maggior parte del tempo, e questo sinceramente non è il massimo. Per diversi anni ho potuto contare su un caro amico per un supporto di chitarra acustica, e quando vado in studio per registrare ho la fortuna di incontrare sempre persone disponibili (quasi sempre musicisti molto più bravi di me) che mi danno una mano a valorizzare le mie canzoni; però per la maggior parte del tempo, a parte mia moglie e gli amici più intimi, non ho nessun con cui confrontarmi. Come cantava Baccini, “quello che mi manca è solo un manager!”.

E come riassumeresti ciò che è successo dalla pubblicazione del primo singolo ad oggi? E che cos’è cambiato ora che sta per arrivare il tuo nuovo, secondo album?

La prima cosa che ho pubblicato – ormai più di dieci anni fa – era addirittura un album, che nasceva dal mio spettacolo di teatro-canzone “Mi sono perso a Milano”. La cosa che sicuramente è cambiata è che mentre dieci anni fa aveva forse ancora senso stampare i cd, oggi al massimo potrei valutare una stampa in vinile. Per me è cambiato che ho provato, nel mio piccolo, a staccarmi dal porto sicuro del teatro, ed andare più verso la forma canzone vera e propria. Ci ho messo praticamente dieci anni, ma sono felice di essere vicino al risultato!

Pop significa per forza “non impegnato”? I tuoi sono brani impegnati?

Io ho della parola “pop” un concetto molto nobile; del resto la musica che passa alla storia è – in qualche modo – pop, e molte delle band che ho amato avevano e hanno ancora un grande gusto per la melodia orecchiabile, per la semplicità, insomma sono pop. Semplicemente non si abbassano totalmente al pop più commerciale, cercano attraverso i loro testi l’equilibrio fra senso e poesia, e curano gli arrangiamenti. Nei miei brani mi divido abbastanza equamente fra ironia e intimismo, ma credo che – a modo mio – una vena di cosiddetto “impegno” sia presente in tutti. Del resto, e questo me lo ha insegnato il mio lavoro in teatro, l’arte è sempre, intimamente, “politica”.

E soprattutto, la tua è una musica per boomer?

Probabilmente un po’ si, se per boomer intendiamo anche solo i miei coetanei: la mia scrittura si è evoluta con gli anni, quindi è abbastanza fatale che parli di più a chi ha grosso modo la mia età; del resto avere un target di ragazzini è qualcosa di veramente superiore alle mie forze. Ma a me piacerebbe, lo confesso, aprirmi ad un pubblico più giovane, perché credo che non siano tutti appiattiti sul mainstream, e molti cerchino ancora nella musica emozioni autentiche. E poi dentro mi sento ancora vent’anni!

Morgana Grancia

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